Nel 1916 Roberto Longhi, prendendo le distanze
dall'interpretazione giorgionesca del primo Caravaggio, definiva la pittura di
Michelangelo Merisi una "pittura di valori", nella quale «il colore è
alieno sia da favolose divagazioni iridate che dalle targhe cromatiche alla
tizianesca, sovrapposto in impasti vividi, schietti e delicati, e studiato con
diligenza nei trapassi di valore da zona a zona», e, per non lasciar dubbi,
aggiungeva «scegliete tutti i bianchi del Cinquecento veneziano ed essi
impallidiranno di fronte a questo niveo chiarore, poiché in essi non è chiarore
ma soltanto colore, v'è bianco-colore e non bianco-luce. Là un bianco così
squillante e diaccio sarebbe discordia cromatica, qui è accordo, nota culmine
della scala di valori». Ma, traslando, qual è il "valore" della luce
in Caravaggio? Millard Meiss, già nel 1945, sottolinea come sia la
rappresentazione della luce ancor più che la prospettiva a rappresentare un
progresso nella rappresentazione della realtà (per esempio dall'abbandono del
fondo oro, elemento prezioso, simbolo di per sé stesso della luce di Dio). Ma
da sempre il "valore" naturalistico della luce sembra congiunto al
suo "valore" simbolico: la luce restituisce infatti gli effetti
percettibili del reale e al contempo ne rivela il legame con il Trascendente;
luce naturale e luce divina sono in un certo senso indistinguibili. Walter
Friedlaender nei suoi Caravaggio's studies (1955) sottolinea come a partire dai
laterali della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi - il Martirio di
S. Matteo, S. Matteo e l'angelo e la Vocazione di S. Matteo - la pittura
religiosa in Caravaggio divenga dominante e come questo porti, paradossalmente,
a "una trasformazione della tavolozza che diventa scura" e
lapidariamente afferma: "Caravaggio santificò la luce e le diede un
significato simbolico". Anche Mina Gregori, nel suo densissimo contributo
alla mostra del 2000 Caravaggio, La Tour, Rembrandt, Zurbaràn. La Luce del
vero, identifica nella luce un "valore" dominante del naturalismo ma
distingue la pittura lombarda e di Caravaggio dalla mimesi veneziana fondata sul
colore. Per la Gregori nella rappresentazione della realtà di Caravaggio sono
compresenti sia la sua efficace rappresentazione visiva, naturalistica, sia il
suo "valore" simbolico, perché strettamente dipendenti. Ciò vale
soprattutto, appunto, dai teleri in San Luigi dei Francesi dove al valore
materico-percettivo della luce si unisce quello filosofico-teologico e mistico.
Se nelle opere giovanili sembra dominante l'anima naturalista del Caravaggio,
attratto dall'osservazione della realtà, nel suo aspetto ottico, schiarito
della luce, progressivamente il pittore si rivela sempre più orientato a
comunicare di quella realtà i significati ultimi, isolati e illuminati dalla
luce come con una macchina da presa - così nella Vocazione di S. Matteo, dove
un fascio di luce sbattuto sul muro restituisce contemporaneamente con nettezza
la perentorietà della chiamata e la reazione interiore di Matteo di fronte a
essa. Un altro dipinto emblematico è il San Francesco stigmatizzato (Wadsworth
Atheneum di Harthford, Connecticut), che peraltro è uno dei primi dipinti
religiosi: qui la luce che si concentra sul santo si manifesta in primis come
fenomeno naturale, in assenza di altri segni soprannaturali (sono assenti le
stigmate), ma contemporaneamente è luce soprannaturale perché restituisce la
presenza divina, l'estasi mistica. Una luce che, prima che illuminazione della
realtà, è illuminazione interiore, illuminazione della realtà interiore,
secondo la nota lettura di Maurizio Calvesi nel suo capitale volume La realtà
del Caravaggio (1990), appunto.
film: CARAVAGGIO UN GENIO IN FUGA
regia: Renato Mazzoli
durata: 50'
produttore: Cinehollywood, 2000 - 2009