I DEMONI
fotografie di Ivo Saglietti
Galleria San Fedele 15 marzo 2012, ore 18.00
Srebrenica
Scientificamente, l’11 luglio 1995, le truppe del generale
Ratko Mladic’ e i paramilitari di Arkan, sotto gli occhi inermi e complici del
contingente olandese di pace, deportano e uccidono l’intera popolazione
maschile dell’enclave musulmana di Srebrenica. Ottomila, tra uomini, ragazzi e
bambini, vengono eliminati e buttati in una settantina di fosse comuni. La
città rimane abitata solo da orfane e vedove dal foulard stretto attorno al
capo. Negli anni dell’assedio bosniaco, Ivo Saglietti (Tolone 1948) documenta
la guerra in presa diretta. Fotoreporter di agenzie francesi e americane, gira
con gli stivali sporchi del fango dei luoghi più feroci e vulnerabili del
pianeta: Salvador, Nicaragua, Cuba Libano, Haiti, Uganda, Uzbekistan,
Palestina. Come in una missione è testimone della storia. “Se ci sono i
fotografi una guerra diventa ‘reale’” scriveva Susan Sontag. Nella mostra,
intitolata Demoni, che trabocca del dolore e dell’orrore del conflitto
balcanico, sono impressi i resti e gli effetti del genocidio. Migliaia di bare
tutte uguali in un grande capannone, contrassegnate solo da un numero, sono in
attesa di sepoltura dopo sedici anni di ricerche. Dal 1996, l’International
Commission of Missing Persons, (ICMP), organismo composto da patologi,
genetisti, tecnici, medici legali di tutto il mondo, analizza e ricompone le
ossa di chi ha perso, oltre alla vita, la propria identità. In una delle foto
di Saglietti una luce illumina due donne chinate sulla bara di chi hanno amato.
La desolazione asettica del luogo, nella alienante ripetitività della morte,
crea un dolore ancora più acuto. Con intesa umanità, Saglietti accoglie nella
sua pellicola la sofferenza del mondo dandogli asilo. E coglie la sospensione
degli anni che una collettività buona sta trascorrendo nella certosina
ricostruzione dei corpi al fine di restituire un nome a ciascuna vittima. Vincitore per la terza volta del World
Press Photo, con gli scatti di Srebrenica, Saglietti dichiara: “Dare un nome
alle vittime significa anche poterlo dare ai criminali”. Manuela Gandini
Fino al 5 maggio,
16 - 19
La mostra resterà chiusa dal 31 marzo al 9 aprile