Il Giudizio Universale

Auditorium martedì 12 maggio,  ore 18.15

Michelangelo e il suo “Giudizio”

Nella Cappella Sistina a Roma, la vigilia di Ognissanti del 1541, è inaugurata l’opera che, unitamente alla volta affrescata alcuni decenni anni prima, si è radicata nella cultura e nella spiritualità della civiltà occidentale. In tale data, infatti, infatti, Il Giudizio Universale di Michelangelo è scoperto.

L’intera parete rivela le tensioni filosofiche e teologiche di un’epoca, attraversata dai fermenti della Riforma protestante. Il Buonarroti si pone in modo personalissimo nei confronti di questo dibattito, sposando le teorie di un circolo ristretto di intellettuali che auspicava una riconciliazione fra Cristiani dopo una riforma interna della Chiesa stessa. L’intera opera di Michelangelo potrebbe essere quindi letta come il campo di battaglia del dramma di un’epoca e contemporaneamente la rivelazione di una profonda angoscia verso il momento del Giudizio.

La grandiosa composizione ruota attorno alla figura dominante di Cristo, colto nell’istante precedente a quello in cui sarà emesso il verdetto finale, Il suo gesto, imperioso e al tempo stesso pacato, sembra dare l’avvio a un movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure. Nella fascia sottostante, al centro, gli angeli dell’apocalisse risvegliano i morti al suono delle trombe. A sinistra, i risorti salgono verso il cielo, “rivestendosi” di carne. A destra, angeli e demoni fanno precipitare i dannati nell’inferno. Infine, in basso a destra Caronte, a colpi di remo insieme ai demoni, fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione, per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente.

La scena è priva di partizione architettonica ed è retta da un doppio vortice, ascendente e discendente. La figura generatrice della composizione è l’ellisse, come la mandorla luminosa in cui è inscritto il Cristo, che si appresta a porre un nuovo inizio alla nuova “Storia”, in un unico gesto che rimanda a quello primario del Padre nella creazione nell’Uomo. Tuttavia, è la massa umana rappresentata in una cruda fisicità attraverso l’utilizzo di tinte fosche a dominare lo spazio, a frazionarlo, a fungere da indice barometrico per poter comprendere a fondo gli stati d’animo dell’artista, che di lì a breve avrebbe cominciato un’appassionata corrispondenza con Vittoria Colonna, a cui comunicò il proprio disagio interiore di fronte all’esperienza, ormai vicina, della morte.