Come raccontare il dramma
contemporaneo dell’esodo di migliaia e migliaia di migranti?
Spesso i media ci
inondano di immagini più o meno toccanti o cariche di pathos, dove si vedono
sbarchi notturni sulle coste di Lampedusa o dell’isola greca di Lesbo, barconi
stracarichi di persone e bambini disperati, colonne e colonne di gente in marcia… Si tratta certo di
fotografie che documentano eventi tragicamente reali, ma che rischiano spesso
di trasformare tali migranti in folle anonime e senza volto. Immagini che, proprio per questo, a
volte vengono usate da una destra populista e senza scrupoli per fomentare la
paura di una supposta invasione dell’Europa da parte di “milioni” di migranti. Anche
senza prendere in considerazione l’utilizzazione impropria di tali fotografie
(alcune addirittura manipolate per moltiplicare ad hoc il numero degli
“invasori”) rimane il fatto che, nella maggior parte dei casi, esse non ci
inducono a identificarci con tali persone perché ce le mostrano come una massa
di disperati che arrivano e continuano ad arrivare senza sosta. Alla fine,
sommersi da simili immagini ripetitive, rischiamo di non chiederci più chi sono
queste persone in fuga, da quali situazioni politiche e sociali spaventose
stanno scappando, quali viaggi terrificanti hanno dovuto intraprendere, come
possiamo aiutarli a non abbandonare le loro case e l’affetto dei loro cari.
Finiamo solo per domandarci quanti migranti stanno arrivando “da Noi”. Per
sfuggire a questa dinamica perversa Francesco
Giusti ha invece consapevolmente scelto altre vie per raccontare tali esodi. Nel
2011, in Libia – quando migliaia di lavoratori stranieri, a causa della
“rivoluzione” contro Gheddafi, sono costretti a tornare nei loro paesi
d’origine (tra cui circa 70.000 lavoratori del Bangladesh) – Giusti, con
la ricerca In Case of Loss, non ci mostra le folle accampate al confine
con la Tunisia e non cerca di realizzare immagini cariche di drammaticità.
Invece fotografa con cura, uno ad uno, i
pacchi su cui questi fuggitivi hanno attaccato le loro fototessere nel
tentativo angoscioso di non perdere i loro bagagli durante il drammatico
viaggio di ritorno. Silenziose, rispettose e anti-spettacolari, tali fotografie
ci invitano così a guardare negli occhi tali lavoratori in fuga, e a vedere
questi pacchi improvvisati come umili segni della loro cultura e di quel poco
con cui, forse, riusciranno a tornare a casa.
In seguito (fine del 2015), Giusti si reca sull’isola di Lesbo proprio
nel periodo in cui è massiccio l’arrivo di migranti da Siria, Iraq e Afghanistan.
E qui, con la ricerca The Rescue, compie una vera e propria opera di
“salvataggio”. Anziché concentrarsi sulla tragicità degli sbarchi (come hanno
fatto la maggior parte degli altri reporter presenti a Lesbo) Giusti, giorno
dopo giorno, fotografa e raccoglie gli oggetti che tali migranti hanno perso e
che lui ritrova quasi ovunque sull’isola: decine di foto-tessere e fotografie
di famiglia, più o meno corrose dalla salsedine e dalle intemperie; poi
pantaloni mezzo affondati nella sabbia; passaporti abbandonati; lettere...
Anche in tal caso il suo lavoro, grazie a simili reperti recuperati (che
l’autore fotografa con cura proprio lì dove li ha trovati) ci invita a vedere i migranti non più come
ombre anonime e minacciose, ma come Persone con storie e affetti spesso simili
alle nostre; ci spinge a immaginare la loro vita normale prima dei tragici eventi
che li hanno obbligati a fuggire. Evocative, anticonvenzionali, intense e al
contempo delicate, le sue immagini ci dimostrano come sia oggi possibile e
sempre più necessario creare ricerche fotografiche che escano dalla logica
ristretta dell’evento da documentare: immagini che spingono a chiederci “chi sono questi esseri umani?”, e
non più soltanto “quanti ne stanno arrivando da noi?”. Gigliola Foschi, curatrice
La mostra di Francesco
Giusti è realizzata in collaborazione con il Festival della Fotografia Etica di
Lodi e con l’agenzia fotografica Prospekt di Milano.
Fino al 29 ottobre 2016
dal martedì al sabato 16.00/19.00
al mattino su appuntamento (chiuso lunedì e festivi)