Nei testi biblici, la storia dell’uomo inizia con il
racconto di un omicidio: Abele è assassinato dal proprio fratello Caino. È qui
drammaticamente annunciato come il futuro dell’uomo sarà segnato
dall'ineluttabilità della violenza, dalla tragica presenza di continui
conflitti, di lotte fratricide. Di fatto, tutta la storia umana sarà costellata
da racconti di genocidi, stermini, massacri. Anche in questo tempo di Expo,
durante questa internazionale kermesse sul cibo, pensiamo semplicemente a
quanto sta oggi accadendo nel nostro mondo cosiddetto «civilizzato»: dalla
guerra in Medio Oriente, alle inarrestabili stragi in Africa, alle migrazioni
di popoli in fuga dalle loro terre, tutto parla di caos, di dolore,
d’impossibilità di vivere nella pace. Da dove nasce questo desiderio dell’uomo di
sopprimere il proprio fratello, di volerlo dominare, schiacciare? Nel Nuovo
Testamento, la morte di Cristo sulla Croce è ancora al centro della storia
umana, come a ripetere l’assassinio di Abele.
In un momento di così forti
tensioni politiche, sociali e religiose, per la cui risoluzione non
s’intravedono vie d’uscita, la Galleria San Fedele intende riflettere sull'insensatezza
della violenza, attraverso la presentazione di un’intensa Via Crucis,
realizzata dall'artista Marcello Mondazzi, realizzata come immagini tra
scultura e pittura. Sono le 14 stazioni della via dolorosa che Cristo compie per
essere crocifisso sul Golgota, alle porte di Gerusalemme, fuori dalla città
santa. È un percorso di dolore, ma al tempo stesso di speranza. Nelle diverse tavole,
il corpo di Cristo, raffigurato attraverso particolari, si presenta nella sua
bellezza discreta, silenziosa, anche nei momenti di maggior dolore, come se nel
Cristo della Passione, potessimo già riconoscere il Cristo della Gloria.
Quell'uomo è stato tanto amato dal Padre, che non può conoscere la corruzione
del sepolcro. È questo un invito rivolto a ciascun uomo, perché possa vivere nella
fiducia nel Dio della vita, anche nelle situazioni più drammatiche e oscure.
Anche in quelle di oggi… Particolarmente articolata è l’analisi delle singole
stazioni, da interpretarsi come appunti, lacerti di quel viaggio di morte. L’intento non è semplicemente illustrativo o didascalico.
Tutto è suggerito per frammenti, dettagli, come se le narrazioni dovessero
essere ricostruite di volta in volta. Tutto è mostrato con profonda discrezione
e anche i volti compaiono raramente. Quando questo accade, si tratta per lo più
di autoritratti dell’artista: identificandosi nei diversi personaggi, l’autore
sembra così farsi lui stesso protagonista di una Via Crucis intima, personale,
da rivivere sulla propria pelle. Grande attenzione è data all'uso dei
materiali: le potenzialità espressive dell’intero ciclo, infatti, risiedono nell'effetto
della materia plastica - metacrilato - trasformata attraverso l’impiego di oli,
petroli e fuoco. La materia, attraverso la combustione e la corrosione del
fuoco, diventa lei stessa metafora di un mondo che compie una conversione, un
sofferto passaggio, come se partecipasse a una passione, a un dolore. La luce
occupa un ruolo fondamentale. La Via Crucis sembra infatti “scritta” con una
luce che, attraversando la corrosione della materia, trasforma le superfici
opache in luoghi di silenzi, in forme che chiedono riscatto e liberazione.
L’opera
è stata realizzata per la chiesa di San Giuseppe Lavoratore di Ponte Taro, nei
pressi di Parma, e commissionata dalla famiglia Paladini, con la consulenza teologica
di don Valerio Cagna. Dopo la mostra, la Via Crucis sarà collocata in maniera
permanente nella chiesa parmense.
Fino a venerdì 11 settembre
lun-ven 16.00-19.00
chiuso
sabato, festivi e dal 25 luglio al 31 agosto compresi
si ringrazia
