All’interno della tre giorni organizzata dalla Fondazione Culturale San Fedele, in occasione dell’inaugurazione dei restauri della chiesa di San Fedele, è prevista la presentazione dell’opera di Nicola Samorì: Via Crucis.
I gesuiti di San Fedele propongono un percorso di meditazione in “immagini” nella chiesa di San Fedele di Milano. Una Via Crucis del giovane artista Nicola Samorì (l’opera è stata realizzata in occasione della mostra Attraverso le tenebre: Goya, Battaglia, Samorì, presso la Raccolta Lercaro di Bologna) sarà infatti presentata il 18 marzo alle ore 20,30, in occasione dell’inaugurazione dei restauri della chiesa di San Fedele. Le diverse stazioni saranno collocate all’interno delle quattro cappelle laterali dedicate, rispettivamente, partendo dall’entrata a sinistra, alla Deposizione, alla Madonna della Scala, al Sacro Cuore, e alla Visione di Sant’Ignazio alla Storta.
Con questa Via Crucis Nicola Samorì mostra notevole abilità tecnica e al tempo stesso rivela grande sensibilità nel creare metafore esistenziali, attraverso forme che non esita a “deformare”, “straziare”, “ferire”. La rappresentazione della Passione comporta una lacerazione dell’immagine, il passaggio attraverso un dolore che sfigura. Il dolore di Dio, che prende su di sé le sofferenze dell’uomo, non può essere raffigurato con forme ideali. L’armonia di derivazione classica non regge le atrocità della storia.
L’artista ci accompagna in un mondo visionario in cui l’osservatore è chiamato ad assumere la responsabilità etica della propria vita, nel caricarsi la propria croce, come risposta al male che abita in noi e fuori di noi. Senza questa assunzione, l’uomo sprofonderebbe solo nel falso desiderio di assecondare la propria sete di prestigio, di onore e di successo, dimenticando come la vita dell’uomo abbia significato solo in un per e in un con gli altri, nella costruzione di una società, in cui tutti possano condividere una pienezza di vita. In questo senso, la Via Crucis di Nicola Samorì invita ad attraversare il silenzio di una notte, per indicare a ogni uomo l’aurora di una nuova luce, la speranza di una risurrezione possibile.