Promossa dalla Fondazione Carlo Maria Martini, con la Fondazione Culturale San Fedele di Milano e con il Consiglio delle Chiese Cristiane, si apre alla Galleria San Fedele una mostra ecumenica sul tema della luce, a cura di Andrea Dall’Asta SJ, direttore della Galleria San Fedele, e di Dorothee Mack, pastora della Chiesa metodista di Milano.
Da sempre la luce ha esercitato un forte fascino in tutte le civiltà. La sua presenza manifesta l’incontro col divino, come suggerisce la radice indoeuropea da cui ha origine la parola latina divus, che significa «luce». Il termine «luminoso» indicava, infatti, la manifestazione degli dèi del cielo che si rivelano sia con la luce del giorno, sia con la luce del lampo. Se poi dal punto di vista biblico, nell’Antico Testamento, la Torah era considerata come la luce che scaturiva da Dio per il mondo e per gli uomini, separando il bene dal male, nella fede cristiana Gesù si rivela come Luce divina: «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12). La sua identità è Luce.
Per l’esposizione milanese è stato invitato l’artista israeliano Shay Frisch, il cui lavoro si fonda sulla trasmissione dell’energia che genera la luce. Grazie ad essa, attraverso la ripetizione di migliaia di elementi modulari conduttori d’elettricità, come quadrati, rettangoli, linee, croci, cerchi, si creano molteplici forme geometriche. Nella sua ricerca, la luce si fa forma. Le sue installazioni diventano generatori di energia in grado di creare lo spazio. Campi elettromagnetici prendono vita per dare forma a simboli ancestrali dalle forme primarie o per avvolgerci, immergendoci in una spazialità in continuo movimento, perché l’energia generante la luce non è mai uguale a se stessa, ma vibra in continuazione, creando un reale magnetismo e un’intensa attrazione. Per la mostra, Shay Frisch delinea dunque un percorso fatto di campi elettrici, di flussi energetici. La luce si rivela grazie alle spie luminose delle prese multiple che ne denunciano il flusso costante, inafferrabile, indefinibile. L’invisibile si rende qui visibile. L’invisibile si fa luce. Parlare di trasmissione di energia significa fare emergere come il concetto di relazione sia al centro della poetica dell’autore. L’energia passa, scorre veloce lungo un filo invisibile, disegna lo spazio, lo articola. L’installazione si trasforma in una rete, in una griglia di luce, mettendone in comunicazione i diversi punti. Tutto si fonda sul passaggio di un’energia che scorre lungo i singoli moduli, collegandoli tra loro, rendendoli necessari l’uno all’altro. Nel momento in cui viene meno la trasmissione dell’energia in uno dei componenti, tutto si spegne. Perché la luce si manifesti, occorre infatti che ogni elemento sia trasmettitore di energia, che sia connesso con gli altri. La presenza di ciascuno è essenziale. «Tutti» sono necessari. Tutti sono chiamati a trasmettere quella forza invisibile. La relazione genera luce. È questo l’elogio della «relazione».
Non potrebbe essere forse questo lo splendido simbolo di una comunità, in cui ciascuno è chiamato a diventare conduttore di «elettricità» che genera la luce di una fede che ci rende fratelli? Si potrebbe dire che ogni uomo è chiamato a farsi «modulo» irripetibile, trasmettitore di un’energia che dà vita, di un soffio vitale che va comunicato, consegnato, donato.
In San Fedele, Frisch non realizza una semplice successione d’installazioni, ma delinea un viaggio, che intende attraversare la morte per farci approdare alla vita. Questo percorso vuole infatti evocare il cammino che ogni uomo è chiamato a compiere nella direzione della luce, della sua meta ultima, del suo destino. Dalla prima installazione realizzata in una piccola sala, in cui un pannello nero ci avvolge ricordandoci l’oscurità di un sepolcro, si giunge alla visione di elementi simbolici del piano terra della Galleria. Figure elementari come il cerchio o una serie di croci – allusione alle diverse chiese che collegate tra loro trasmettono il senso più profondo della buona notizia di Cristo - formate su di un pannello, campeggiano nello spazio, alludendo a quei simboli archetipici che il cristianesimo ha rivestito di nuovi significati. Infine, nel piano superiore, un’installazione in cui prevale il colore bianco conclude il cammino. È questo uno spazio luminoso, allusione alla risurrezione, alla Gerusalemme Celeste in cui tutto è luce… In ogni caso, nelle opere, il flusso scorre rapido, come a indicare che anche nell’oscurità una forza esiste, si fa presente, si rivela, generando una luce che dà vita agli spazi, meglio, illumina ogni dimensione della vita. Come se ogni uomo fosse chiamato a riconoscere quella forza che scorre in lui, da sempre, al cuore del proprio cammino, facendosi portatore di luce.
Si ringraziano
Giampiero Comolli, Presidente del Centro Culturale Protestante di Milano
Alberto Lolli, Servizio di coordinamento dei Centri Culturali Cattolici
Allegra Ravizza
con il contributo di Fondazione Cariplo
Fino al 25 marzo 2017
martedì/sabato
16.00 – 19.00
al mattino su
appuntamento, chiuso i festivi