Tiziano

il principe dei pittori
Auditorium 17 novembre 2009, ore 18.15
Conferenza introduttiva di Giovanni Morale
Fra i tanti pittori famosi dell’universo artistico italiano quattro soltanto hanno il privilegio di essere ricordati con il solo nome di battesimo: Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Tiziano, l’artista che ha rinnovato la pittura veneziana. Morto di peste il 27 agosto 1576, Tiziano non lasciò né una bottega né una scuola, ma il suo stile e la sua forza espressiva sono stati d’esempio per i più grandi pittori europei fino all’800, fino a Renoir e agli Impressionisti francesi.   Non si conosce con esattezza la sua data di nascita, che avvenne, presumibilmente fra il 1480 e il 1485, a Pieve di Cadore, in un’agiata famiglia. Giovanissimo lasciò Pieve e si stabilì a Venezia, in quel periodo centro politico e artistico di grande importanza, dove operavano Durer, Carpaccio, Lorenzo Lotto, Giorgione da Castelfranco e Gentile e Giovanni da Fabriano, presso i quali pare sia stato a bottega. Perfettamente cosciente delle proprie capacità e abile nell’intessere rapporti con i personaggi più influenti, ancor giovane riuscì ad ottenere importanti commissioni, quali la pala d’altare di Jacopo Pesaro, vescovo di Pafo, nel 1503, e la realizzazione, nel 1508, degli affreschi sulla facciata del Fondaco dei Tedeschi. Svolse la sua attività quasi esclusivamente a Venezia, dove ottenne la carica di pittore ufficiale della Serenissima. Nel 1545 si recò a Roma per eseguire alcuni ritratti dei familiari del pontefice e il quadro “la Danae” per il cardinale Alessandro Farnese. Nel 1546, durante una solenne cerimonia, gli fu conferita la cittadinanza romana, alto riconoscimento delle sue grandi doti artistiche. Negli anni seguenti lavorò attivamente per il re di Spagna Filippo II e, proprio in una lettera indirizzata al sovrano, nel 1571, il pittore dichiara di avere 95 anni. Nonostante l’età,  Tiziano produsse ancora la tela celebrativa della vittoria di Lepanto e la Pietà, opere, però, lontane dal suo stile personale, perché intrise del pessimismo e dell’amarezza che rattristarono i suoi ultimi anni a causa del mutato atteggiamento della classe politica  e delle istituzioni culturali verso di lui. Tuttavia, questi suoi ultimi lavori, eseguiti con un’interessantissima e rivoluzionaria tecnica pittorica, sebbene poco apprezzati dai suoi contemporanei, lo pongono ancora oggi nella rosa dei più grandi maestri veneti del Cinquecento e non solo.