Un film di Ken Loach. Con Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham. Titolo originale The Wind That Shakes the Barley. Drammatico, 124' - Francia, Irlanda, Gran Bretagna 2006.
Veterano dei film sulle guerre civili (Terra e libertà, la Spagna; La canzone di Carla, i Sandinisti in Nicaragua), l’ inglese Ken Loach non esita a schierarsi con i «Sinn Féin» (ovvero «noi stessi» in gaelico). La prima parte, emotivamente forte, denuncia gli orrori perpetrati dai Black and Tans (dal colore delle divise) nel momento in cui Londra non volle riconoscere l’ indipendenza proclamata nel 1916. Violenze, sequestri, uccisioni, incendi di casolari, torture che obbligano a stornare lo sguardo dallo schermo. Fin qui niente di nuovo, sono eventi noti che indussero perfino Goebbels a produrre il film antibritannico La mia vita per l’ Irlanda. Non si può che solidarizzare con gli insorti e ammirare la scelta del protagonista Damien (l’ ottimo Cillian Murphy), che anziché proseguire in Inghilterra una brillante carriera ospedaliera, preferisce unirsi alla resistenza nel gruppo guidato dal fratello Teddy. Inferiori per numero e armamento, i ribelli si battono con tanto valore da costringere il governo di sua maestà a scendere a patti. Però il trattato sottoscritto nel dicembre 1921 è una vittoria di Pirro in quanto abbandona l’ Ulster e crea per il sud impossibili condizioni di vita. Nasce una spaccatura fra i pacifisti e i sostenitori della lotta continua, fra Teddy e Damien, e il conflitto diventa fratricida. Il film di Ken Loach si chiude amaramente con una fucilazione, proprio come Uomini contro di Francesco Rosi.
Tullio Kezich, Il Corriere della Sera, 19 maggio 2006
Spesso, nei film di guerra è presente un’ipocrisia, laddove si sostiene che essi sono controla guerra ma poi, gran parte dell’intrattenimento è dato dalle esplosioni e dalla presenza del sangue. Non mi sembra poi così tanto contro la guerra affermare: ”odiamo le uccisioni ma, fintanto che sono sullo schermo, godiamocele. Esiste una lunga tradizione a riguardo che risale al dramma giacobino ma senza la poesia credo che si tratti di un qualcosa di alquanto scadente. Se si vede molto sangue sullo schermo si sa che presumibilmente non hanno ucciso migliaia di persone, quindi diventa una distrazione, ti distoglie dal film.
Ken Loach
Twas hard for mournful words to frame
To break the ties that bound us,
Ah but harder still to bear the shame
Of foreign chains around us.
And so I said: the mountain glen
I’ll seek at morning early
And join the brave united men
While soft winds shake the barley.
(Arduo era per le parole di dolore prender forma
spezzare i legami che ci vincolano
ah ma ancor più arduo sopportar l’onta
delle catene straniere che ci legano.
E così dissi: la valle nella montagna cercherò
Al mattino presto
Per aggiungermi ai coraggiosi uomini uniti
Mentre dolci venti scuotono l’orzo)
Robert Dwyer Joyce (1830 – 1883) “The Wind that Shakes the Barley” (Il vento che scuote l’orzo)
Scheda (de)genere
a cura di Andrea Lavagnini, Francesca Mazzini e Giuseppe Zito S.I.
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Introduzione
Il film ha vinto la Palma d’oro a Cannes nel 2006, ma non ha riscosso il plauso di tutti. È un film molto ricco e anche molto duro. I protagonisti sono due fratelli, uno in particolare, durante la guerra per l’indipendenza irlandese nel 1920. Un scena è particolarmente cruda. Un film comunista? Un film contro la guerra? Un film sugli ideali che non ci sono più?
Elementi di senso
Il film comincia con una partita a hurling, una specie di hockey su prato. I giocatori non indossano divise e viene messo in rilievo il ruolo dell’arbitro, che richiama i giocatori alla correttezza e al rispetto delle regole, soprattutto Teddy, che invece sembra particolarmente agguerrito. Metafora della guerra a cui stiamo per assistere?
I due fratelli protagonisti, Teddy e Damien, sono senza genitori. Sono rimasti orfani ancora molto piccoli. La loro famiglia di appoggio è quella di Sinead, è lì che si rifugiano, si fanno curare, trovano un po’ di amore.
Damien decide di restare in Irlanda a combattere dopo la scena alla stazione, in cui assiste ad un’aggressione da parte dei soldati inglesi totalmente ingiustificata e subita passivamente da parte irlandese. Curioso, perché la resistenza passiva del personale ferroviario ottiene il suo risultato, sebbene al prezzo di qualche dente rotto. Non si può non pensare alla battaglia che in quegli stessi anni sta combattendo Gandhi in India contro lo stesso nemico, ma con le armi della non violenza.
Damien voleva fare il medico per curare le persone e finisce per fare il soldato che uccide i nemici; voleva cacciare gli inglesi, ma finisce per uccidere anche i suoi connazionali irlandesi e per essere ucciso dal fratello; non voleva entrare in guerra e finisce per non riuscire a uscirne.
Alla morte di Michail gli viene tolta una medaglietta di s. Cristoforo, che viene regalata a Damien, il quale a sua volta, in punto di morte, la regala a Sinead. Una sorta di testimone del martirio per la causa che viene passato di mano in mano.
Il film è scandito da una continua escalation di violenza, che parte da un pestaggio finito male, per arrivare a vere e proprie stragi, fino al fratricidio.
Il film viene anche scandito da varie poesie, da quella che dà il nome al film (Il vento che scuote l’orzo) e che viene cantata dopo la scena delle unghie, a quella di William Blake, che i ribelli trovano in prigione. Sotto la brutalità e la ferocia della guerra permane uno strato di umanità e di poesia.
Più volte, nel film, torna viene riferita da qualcuno l’idea che senza socialismo non c’è libertà, che non serve a nulla cambiare il colore della bandiere se gli oppressi continuano ad essere oppressi e cambia soltanto il nome dell’oppressore. In effetti anche nel film assistiamo ad un avvicendamento al potere (dall’esercito inglese si passa a quello irlandese), ma la violenza rimane la stessa. Chi tradisce la causa viene fucilato senza processo, nemico o fratello che sia.
Molto significativa la scena nel tribunale, in cui si affrontano donne e uomini. Le prime vogliono combattere la loro guerra con la legge, i secondi con le armi. Il film si schiera con le une piuttosto che con gli altri? È possibile vedervi un richiamo all’arbitro della partita di hurling che apre il film?
In più punto il film ribadisce che stiamo assistendo alla legge del taglione: occhio per occhio e dente per dente. “Se gli inglesi vengono qui con la loro ferocia, noi risponderemo con una ferocia pari alla loro”.
I due fratelli sono per molti aspetti uno specchio dell’altro. Prima di farlo fucilare Teddy dice a Damien: “L’ultima volta che siamo stati qui (in prigione) tu gli hai detto che eri me”. Teddy e Damien sono davvero l’uno l’alter ego dell’altro, ma nel momento in cui si trovano da due parti opposte uno dovrà uccidere l’altro. Ciò che conta di più è la causa. Anche Damien aveva ucciso un amico che aveva tradito la causa.
Il film si conclude con la fucilazione e il pianto di Sinead. Tuttavia, si può dire che il film rimandi a una possibile speranza? Da dove può venire la salvezza? Dal rispetto della legge? Da un desiderio di vivere (l’amore, la famiglia, la fraternità) più forte di quello di combattere per una causa?
Giudizi
Drammatica poesia contro la guerra? Canto agli ideali rivoluzionari ormai svaniti? Noioso film storico?