Martin Eden
San Fedele 1
Auditorium 28 novembre 2019, ore 15.15 e 20.45
Regia: Pietro Marcello
Film
2019
Italia
Martin Eden è un marinaio di Napoli con una grande fame di vita e un coraggio incontestabile. Per aver salvato Arturo Orsini da un violento pestaggio, Martin viene accolto con riconoscenza dalla famiglia del ragazzo e presentato alla sorella Elena. È amore a prima vista, e il desiderio di "essere degno" di Elena spinge Martin a istruirsi (anzi, per usare le sue parole di marinaio fermo alla licenza elementare, di "impararsi") facendo tutto da solo, leggendo voracemente e assorbendo, con la sua grande intelligenza naturale, ogni dettaglio di ogni disciplina affrontata. Emerge così il suo talento più profondo: quello per la scrittura. Ma la scrittura, almeno inizialmente, non paga, perché gli sforzi letterari di Martin vengono rifiutati dalle redazioni che respingono ogni suo saggio, racconto o poesia, troppo nuovi e diversi per i gusti standardizzati. E per Elena e la sua famiglia borghese la mancanza di una "posizione" è un problema, o meglio, una pecca imperdonabile.
Commenti del pubblico
VOTO: ottimo
Martin, non più giovanissimo, ha subito creduto a quella ragazza che, innamorata di lui al primo sguardo, gli aveva detto con fermezza quanto fosse importante tornare a scuola, imparare a declinare i verbi e a parlare senza errori. Tuttavia non poteva immaginare che nell'arte di conoscere l’uso delle parole ci sarebbe stato il suo futuro: diventare uno scrittore che poteva ambire alla notorietà. Ma prima del successo sono innumerevoli le delusioni, le buste con i suoi scritti rimandate al mittente, forse neppure aperte, senz'altro prive del minimo interesse per l’editore. Comincia così la storia di Martin Eden, uomo tormentato, incapace di adattarsi al mondo, preso da una sua filosofia che non gli consente di capire gli altri, di accettare la politica che muove le masse. Vicende che si snodano lungo un percorso spesso difficile da ricostruire perché solo accennato, ma leggibile sul suo volto che adagio adagio porta i segni del dolore e del suo rifiuto a adeguarsi altri. E il finale del film cancella quegli anni di riconoscimenti, di benessere e di amore che pur aveva faticosamente raggiunto, per lasciarlo solo a misurarsi davanti al mare che sente parte del suo destino e che lo aveva abitato fin da ragazzo, in una sfida che sa di non poter più vincere.
Luisa Maria Alberini
VOTO: buono
Questa pellicola di Marcello risulta piuttosto complessa e di non facile interpretazione.
La storia del marinaio povero che si fa strada da solo coltivando ossessivamente la lettura e scrittura come molla di crescita umana, sfocia nella seconda parte in cui l'uomo arrivato è disilluso e frustrato dalle risultanze che la vita gli offre e non ha altra via di fuga se non un simbolico ritorno al mare con il suicidio.
La frattura fra le due parti è voluta e cercata, anche per consentire al regista di giocare i tanti piani di lettura a suo modo: alle vicende di Martin fanno da contraltare una Napoli, atterrata ma non doma, una dinamica sociale e sindacale che sottolinea l'immobilismo dell'uomo e la non accettazione del diverso, una robusta paura del vero in chi si è accomodato nella zona di comfort, l'autoironia del protagonista che egli usa per superare la crudezza della realtà.
Ad un richiamo alla tecnica felliniana di far viaggiare nel mistero i personaggi, Marcello accompagna però un fascino del magico troppo blando per consentire un vero accostamento: e forse proprio in questo fatto sta una delle più importanti carenze del film.
Attori buoni, dialoghi all'altezza, buona sceneggiatura, ottima fotografia, regia discreta, valori umani ben trattati.
Giulio Koch
VOTO: ottimo
Un crescendo emotivamente drammatico del protagonista, con una forte crescita personale, ma con disillusioni che si dimostrano definitive. La parte finale del film mi ha colpito per l’improvviso salto temporale, che mi è parso comprensibile ed opportuno. Sono passati anni: Martin è molto cambiato sia d’aspetto che come stile di vita. È un uomo dedito al vizio, insoddisfatto pur avendo ottenuto fama e ricchezza. È profondamente infelice; al suo fianco ha una donna che sembra non amare. Non scrive più ed il suo carattere è mutato. La drammatica scena finale, il suicidio di Martin, è la prevedibile conclusione di un’esistenza tormentata: il mare costituisce un elemento, un luogo molto amato e ben conosciuto nel quale si sente “a casa”. “L’uomo ha sempre un padrone e questo padrone è la natura.”
Alessandra Casnaghi
VOTO: buono
Incomprensioni, peripezie, frustrazioni, frenesie improvvise, mancata accettazione di opinioni diverse che generano - ad ogni età - incomprensioni, immobilismo ed arroccamenti.
Adele Bugatti Di Maio
VOTO: ottimo
Il film porta a Napoli il mondo della miseria, della depressione economica americana e della corsa all'oro insieme. È un'ambientazione felice perché anche nel napoletano alberga sia il senso dell'ingiustizia sociale sia quello della difesa del proprio io, del proprio mondo. Il protagonista è generoso già dal gesto iniziale, è aperto, disponibile, desideroso di assorbire, di ricevere dagli altri. Ha molte idee, molti desideri. Si apre, senza nulla chiedere, alla ragazza nobile, ricerca con tenacia la sua realizzazione. Sa che c'è una possibilità se si lotta veramente. Il mondo è ostile e anche la ragazza diventa veramente disponibile e interessata solo quando avrà successo.
È proprio di Jack London il camminare verso il sogno americano e insieme l'attingere alle dottrine sociali, alla difesa dei poveri e del popolo, socialismo e individualismo. In questo non vedo cesure marcate nell'opera. Inoltre Martin Eden è riflesso della vita e morte dell'autore e nel film di un drammatico sguardo sul microcosmo napoletano, dove ogni aspirazione viene percepita come destinata a rimanere incompiuta.
Andrea Florio
VOTO: buono
Con un ritmo un po' disordinato e sincopato, seguiamo la storia di Martin Eden, alias Jack London trapiantato a Napoli, un audace e nerboruto marinaio, lettore vorace e appassionato, che per amore di una ragazza dell'alta borghesia, cerca di affrancarsi socialmente per mezzo di un'istruzione che le sue origini umili gli avevano finora precluso. Francamente un Martin Eden trasformato in un napoletano verace non convince e lascia un po' perplessi. Il conquistatore sciupafemmine si consuma per tutta la vita in un amore che per le rigide convenzioni sociali è destinato a restare platonico e infelice, lo scugnizzo che a malapena padroneggia la lingua vuole “impararsi” leggendo estasiato liriche e poesie per diventare proprio uno scrittore, la sua confusa presa di posizione e la partecipazione politica accennata e non approfondita: tutto sembra raccontato un po' alla rinfusa, col gusto dell'eccesso, ma non è risolto e giustificato da un'evoluzione interiore del personaggio che, nonostante la bravura dell'attore, non riesce a essere credibile e a conquistarci.
Lucia Donelli