Biglietto:5 euro

Soul Kitchen

San Fedele 3
Auditorium 23/04/2010 20.30
Un film di Fatih Akin. Con Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Anna Bederke. Commedia, Ratings: Kids+13, 99' - Germania 2009.
Film

Un film di Fatih Akin. Con Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Anna Bederke. Commedia, Ratings: Kids+13, 99' - Germania 2009.

Bilingue, biculturale, con due nazionalità due, turca per gli avi e tedesca per i figli, Fatih Akin è oggi anche un regista bi-genere: dopo averci conquistato col melò della Sposa turca di fassbinderiana memoria, ci dimostra che sa fare anche la commedia, che è ben più difficile. Ci riesce e fa ridere assai, non negandosi nulla e prendendo alcune scorciatoie di sicuro effetto comico, dall’ identikit socio geografico del quartiere industriale della «sua» Amburgo a gag di indicazioni contro il fisco e il mal di schiena; un capitolo, i guaritori di discopatia, vissuto dall’ autore, è neo realismo puro. Il film è stato scritto con l’ amico sceneggiatore e attore capellone Adam Bousdoukos, nei panni del greco Zinos, che gestisce un ristorante in zona da riconversione modaiola, preso di mira da un furbetto del quartierino che è anche un ex compagno di scuola. Mentre la fidanzata parte per Shanghai e il fratellino malvivente (magnifico Moritz Bleibtreu) va in libertà vigilata volendo risistemarsi in famiglia e in società, l’ affare s’ ingrossa. Il ristorante gestito da un nuovo chef diventa di tendenza, nouvelle cuisine. Molti nemici all’ orizzonte: tasse e gioco d’ azzardo, ernia del disco e speculazione edilizia, ci vorrà l’ exploit del cuoco geniale. Un lieto fine grosso come una casa risolve tutto, come Commedia vuole, vedi l’ esempio di Ken Loach. Il film di Akin ha un ritmo da caterpillar della risata con trovate raffinate e/o dozzinali a incastro, doppio binario sul ritmo del famoso pezzo dei Doors che sta nel titolo, ma non nella colonna sonora per elevato costo dei diritti. I diritti umani, filosofici, culturali di un’ epoca, quelli però sono gratis e Akin mostra di saperli sfruttare, equiparando l’ anima della cucina a quella della musica soul, patrimonio dell’ Amburgo post hamburger, metropoli mista in evoluzione, dove Akin è cresciuto, un colpo al palato e uno all’ udito. Un messaggino facile di speranza (da non cancellare) è chiuso in ostaggio nel finale della commedia da gag iper calcolati ottenendo così con ritmo da ottovolante premi e plausi alla Mostra di Venezia, dove ridere è quasi vietato. Accomodandosi nel film, anzi stravaccandosi senza bon ton, si mangia bene e con molto colesterolo e si ride uguale. Si spera che tutto ciò, parte di memorie goliardiche ritrovate dell’ autore, serva a caricare le batterie pure sul versante drammatico, dato che la bellissima Anna Bederke, cameriera, fa Faust di cognome e difficile credere che sia un caso.

M. Porro, Il Corriere della Sera, 8 gennaio 2010

 

Akin pone attenzione ai corpi e ai loro bisogni primari: dal cibo al sesso, dall’alcool alla danza (passando per il mal di schiena), così che i suoi personaggi, liberati dalla necessità di affrancarsi dal proprio retaggio culturale, agiscono nel nome di un puro principio di piacere. Allo stesso modo, punta all’occhio e al ventre dello spettatore: costruisce il suo film come un piatto sofisticato di nouvelle cuisine, o meglio, come una playlist di musica accattivante, facendo molta attenzione a creare mediante una serie di gag fisiche una sinergia fra movimenti dei personaggi, movimenti di macchina e ritmo dei brani della colonna sonora. È una strategia molto furba e molto ricercata, elaborata da un regista che ha già compreso le tendenze del nuovo cinema della post-globalizzazione (vedi The Millionaire): le storie che intrecciano società multietniche, una regia dinamica, buona musica e un lieto fine sono destinate a vendere (e incassare) in tutto il mondo.

Edoardo Becattini, MyMovies

 

Scheda (de)genere

a cura di Andrea Lavagnini, Francesca Mazzini e Giuseppe Zito S.I.

invia le tue integrazioni a sf3@sanfedele.net

 

Introduzione

Il film non ha bisogno di grandi presentazioni perché è molto immediato. Una domanda da avere in mente potrebbe essere: qual è il soul food di cui si parla nel film, cosa nutre l’anima umana per Soul Kitchen?

 

Elementi di senso

Grande rilievo, come sempre nei film di Akin, è dato alla musica. Il film ha una colonna sonora molto ricca di musiche internazionali un po’ passé, anni ’80. In tutto il film c’è un gusto per il vecchio, forse non l’antico, una dolce nostalgia di ieri. In effetti l’internazionalità traspare da molti elementi del film: Grecia, Turchia (i due nemici storici) e Germania. Quando i clienti del vecchio Soul Kitchen si ribellano al cibo di Shayn perché vogliono le porcherie a cui erano abituati, lo chef li accusa di essere “razzisti del palato”.

La vicenda narrativa e la vis comica del film sono subito caratterizzate dal mal di schiena del protagonista Zinos. I suggerimenti forniti dalla fisioterapista Anna, che alla fine del film diventerà la sua donna, sono curiosi: “Non puoi stare fermo, devi muoverti sempre. Ballare allevia il dolore”. Sembra essere la descrizione della vita senza sosta di Zinos, i cui effetti non saranno molto terapeutici. La svolta verrà quando finalmente sarà costretto dagli eventi a fermarsi e a prendersela con calma.

Un’opposizione su cui è giocato il film è quella tra soldi e anima, tra il fare e l’essere. La mancanza di soldi è il motore che fa andare avanti la storia, ma non ciò che nutre l’anima. Il cibo di Shayn è “da orgasmo”, è cibo per l’anima, ma non porta soldi. Non a caso, il personaggio più negativo del film è il compagno di scuola di Zinos, ricco speculatore dell’immobile.

Molto chiara è anche la tematica del viaggio: Soul Kitchen si trova su un binario abbandonato; il vecchio e misterioso abitante del retro del ristorante vive su una barca a secco; Shayn dice di se stesso: “Il viaggiatore non ha ancora raggiunto la destinazione finale”; alla fine Nadine torna a casa, il suo amante cinese torna a casa e anche Zinos torna al suo ristorante. Il viaggio più importante è quello del ritorno.

Molti sono anche i riferimenti al circo: i coltelli volanti di Shayn, il fuoco da domare, i tentativi da giocolieri).

“La musica è cibo per l’anima”, ma nell’ottica del film si può certamente dire che anche il buon cibo è cibo per l’anima, come anche l’amore. Non a caso tutti e tre questi elementi sono raccolti nella scena finale, in cui Zinos tiene chiuso il suo locale per una festa privata a lume di candela. Buon cibo, buona musica, buona compagnia, è questo che nutre l’anima. Una morale forse semplicistica, ma chiara in Soul Kitchen.

Tutto il film ha una grande leggerezza, è molto giocoso. La dialettica tra bambino e adulto traspare in molti punti. Il fratello minore (Zinos) è il più saggio. Il maggiore (Ilias) è il più pericoloso. Entrambi devono mentire ai genitori (che non compaiono mai). Non c’è acredine o animosità nel film, anche di fronte a eventi drammatici. Assomiglia per molti versi a una favola. C’è solo gioco. Non a caso la lettura che si sente sullo sfondo del funerale della nonna di Nadine è: “Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato”. Si potrebbe dire che è un film di adulti bambini che sono contenti di esserlo, un inno alla leggerezza e al prendere la vita come un gioco, pur consapevoli che il gioco non può durare in eterno e che a un certo punto ciò che era da bambino dovrà essere abbandonato.

 

Giudizi

Simpatica favoletta con morale o brillante commedia multietnica?

Commenta il film

Parole Chiave
Anima