Durata:85'
Biglietto:7€ - Studenti 4€

The guilty

San Fedele 1
Auditorium 16 maggio 2019, ore 15.15 e 20.45
Regia: Gustav Möller
Film
2018
Danimarca

Asger Holm è un agente di polizia che si è messo nei guai e per questo è stato confinato a rispondere al numero d'emergenza insieme a più anziani colleghi. Vive questo lavoro con insofferenza e agitazione, anche perché l'indomani lo aspetta il processo che deciderà della sua carriera. Quando riceve la telefonata disperata di una donna che dice di essere stata rapita, Asger decide di mettersi in gioco e fare il possibile, fino a scavalcare le regole, per non tralasciare alcuna possibilità. Il suo desiderio di redenzione si incaglia però in un caso che è molto più complesso di quello che sembra e le sue buone intenzioni rischiano di avere effetti controproducenti per sé e per gli altri.



Commenti del pubblico

VOTO: buono
Interessante esperimento questo lungometraggio di Möller: con una scena fissa, la fotografia riprende sempre il viso del protagonista e le modulazioni della sua espressione sono il solo mezzo visivo che accompagna una narrazione di tipo radiofonico, i cui effetti sono sorprendenti: lo spettatore vive il dramma in diretta e ne è partecipe intensamente.
Formidabile la recitazione di Jakob Cedergren, ottima la fotografia, molto puntuale la regia che utilizza anche il cromatismo delle immagini per arricchire gli elementi a favore dello spettatore e mantiene elevata la suspense fino alla fine dell'episodio narrato.
I sensi di colpa, l'educazione protestante ricevuta, una preparazione non irrilevante per poter fare bene il mestiere di centralinista a contatto con i disperati, sono gli elementi portanti della figura del protagonista, che ha sulla coscienza una uccisione, sulla quale il giudizio del tribunale a breve dovrà decidere se è preterintenzionale o meno, determinando così il suo futuro. Un suo amico e collega testimonierà nel processo, ma si intuisce che la testimonianza sarà di quelle precostruite per eliminare ogni incertezza di colpa.
Una scatola ben organizzata, che risulta molto interessante, e che certamente da un ritorno ben superiore a certamente pochi mezzi impiegati.
Valori umani ben trattati: il pregiudizio sulla colpevolezza del padre, di cui il poliziotto cade vittima, è solo una delle sfumature cui il film gira intorno.
Giulio Koch

VOTO: buono
Menzione per regia e recitazione.
Primo lungometraggio del giovane regista nordico Gustav Möller. Una performance sull'abilità espressiva del protagonista interpretato da Jacob Cestergren, che si rivela formidabile nella recitazione. (Bravo anche il doppiatore). Una regia originalissima costruita con una fantasia un po' morbosa.
Una vicenda fatta di monologhi, ansie e sussulti, in cui si scorge unicamente il viso del protagonista con le sue emozioni. Un dramma esistenziale, anzi un doppio dramma considerando quello personale dell'introverso protagonista, psicologicamente usurato dal suo lavoro di routine, in cui lo spettatore viene coinvolto con un ritmo immaginativo inusuale.
Un processo indagine in diretta, un thriller telefonico ideato con grande maestria da tenere col fiato in sospeso, lasciando in sospeso però alla fine le aspettative.
Piergiovanna Bruni

VOTO: ottimo
Sceneggiatura minimalista che sa esaltare i particolari. Lo spazio ristretto di una stazione di polizia è capace di fermare i sensi della vista e dell'udito dello spettatore, costretto piacevolmente ad associare la storia che viene dallo schermo con un racconto immaginifico interiore. Così, uniti al protagonista, si pre-vedono e si pre-giudicano i personaggi che si incontrano solo attraverso il filo di un telefono, per poi accorgersi che la realtà mostra una diversa faccia. L'agente di polizia, al centro di un guaio giudiziario, rivive un senso di colpa per non aver previsto la giusta sequenza dei fatti con un possibile esito drammatico. Confessare i propri errori, pagando di persona, è l'unica via per salvarsi e redimersi.
Chiara Ghioni

VOTO: ottimo        
Menzione per l’interpretazione e per il sonoro.
Come in ogni buon film ambientato in spazi ristretti (claustrofobici), la regia e l’interpretazione sono dominanti. Qui la parola, intesa come significato, è realmente protagonista. Già in altri film - come “La migliore offerta” di Tornatore - nulla è ciò che sembra, perciò lo stupore che ci coglie sul finire è violento e ci costringe a ripercorrere mentalmente e rapidamente le frasi udite nelle scene precedenti. Interessante la somiglianza, a livello di esperienze vissute, fra Asger, con le sue colpe passate, ed il tragico evento di cui è testimone, anche se lontano. Ciò che non vediamo è carico di suspense come e più che in altre pellicole. La verità viene a galla e ci sbalordisce. 
Ottima l’interpretazione del protagonista ed ottimo il sonoro. Le reazioni emotive di Asger sono quasi sempre controllate, ben lontane da quelle che sento più vicine alla mia mentalità ed alla mia esperienza.
Alessandra Casnaghi

VOTO: ottimo
Un regista esordiente, un film coraggioso, la telecamera puntata su un solo attore, sempre al telefono e in uno spazio chiuso: pur con queste premesse l'impresa è riuscitissima e il risultato di grande effetto. Intelligente e accurato è lo sviluppo della vicenda, che si proietta tutta esclusivamente nella nostra immaginazione, senza che mai ci sia una caduta di stile o un calo di tensione. Un ottimo thriller, che sarebbe piaciuto molto anche a Hitchcock.
Lucia Donelli