Durata:140 minuti

2001 Odissea nello spazio S. Kubrick

Cin'Acusmonium
Auditorium San Fedele, Via Hoepli 3a Lunedì 26 novembre 2018 20.30
testo/musica
Lunedì 26 novembre 2018

Auditorium San Fedele, via Hoepli 3b 

 
Proiezione acusmatica di
2001 ODISSEA NELLO SPAZIO (1968) di S. Kubrick
proiezione acusmatica a cura di Giovanni Cospito e Dante Tanzi.

(Prevendita dei biglietti consigliata, clicca QUI, tel. 02 86352231)

REGIA: Stanley Kubrick
SCENEGGIATURA: Stanley Kubrick & Arthur C. Clarke
FOTOGRAFIA: Geoffrey Unsworth
EFFETTI SPECIALI: Stanley Kubrick, Wally Weevers, Douglas Trumbull & Con Pederson
PRODUZIONE DESIGNER: Tony Masters, Harry Lange & Ernie Archer
DIRETTORE ARTISTICO: John Hoesli
SOUNDTRACK: György Ligeti, Atmosphères; Richard Strauss, Also sprach Zarathustra; G. Ligeti, Kyrie (dal Requiem); Johann Strauss jr., An der schönen blauen Donau; G. Ligeti, Lux æterna; Aram Chačaturjan, Adagio (da Gayane); G. Ligeti, Aventures (estratti liberamente rielaborati)
ATTORI: Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Margaret Tyzack, Leonard Rossiter, Robert Beatty, Sean Sullivan, Frank Miller, Alan Gifford, Penny Brahms
SUONO: Winston Ryder
MONTAGGIO: Ray Lovejoy
COSTUMI: Hardy Amies
DURATA: 141’
PRODUZIONE: Stanley Kubrick & Metro Goldwin Mayer
PAESE: USA 1968 
Premio Oscar 1969 ai migliori effetti speciali 

SINOSSI
Alba dell’umanità: un gruppo di scimmie umanoidi viene visitata da un grande parallelepipedo nero, un monolite misterioso. Il contatto con il misterioso oggetto determina l’invenzione della prima arma e il primo omicidio. Anno 2001: seguiamo il dottor Floyd sulla base lunare di Clavius. Nella massima segretezza è stato scoperto, sotterrato in un cratere lunare quattro milioni di anni prima, un monolito nero; alla presenza degli scienziati, esso inizia a emettere un segnale che uccide gli uomini. Diciotto mesi dopo: una missione diretta verso Giove; oltre a tre membri ibernati, ne fanno parte David Bowman e Frank Poole. L’astronave è completamente controllata dal calcolatore HAL 9000, capace non solo di interagire con gli umani per mezzo della parola, ma anche di provare, in misura ancora non accertata, emozioni umane. Quando il computer commette un errore e i due astronauti progettano di disattivarlo, la macchina impazzisce e uccide i membri dell’equipaggio. Sopravvive solo Bowman…  

SPUNTI di S. Kubrick
«Il nostro amore per gli strumenti e le armi, siano un’automobile o una pistola, è innegabile. C’è un rapporto molto profondo tra noi e loro. C’è un’estetica della macchina, come un erotismo della macchina. Nell’industria spaziale americana l’aggettivo “sexy” fa ormai parte del gergo tecnico, per definire una bella macchina. L’uomo, in un futuro molto tecnicizzato, dovrà giungere a una maggior disciplina e controllo di sé. Inversamente, la macchina, per comunicare con l’uomo e allargare il suo orizzonte, deve diventare più umana. La cosa è scientificamente prevista. Molti esperti in ordinatori elettronici pensano che le macchine, divenendo più complesse e perfezionate, saranno probabilmente soggette alle nostre stesse malattie e che potranno avere dei problemi “psicologici”». 

«Guardando a un lontano futuro, credo non sia inconcepibile lo sviluppo di una semicosciente cultura di robot-computer che un giorno potrebbe decidere di non aver più bisogno dell’uomo».

«Il concetto di Dio sta al cuore di 2001: Odissea nello spazio, ma non quello delle immagini tradizionali e antropomorfiche di Dio. Non credo in nessuna delle religioni monoteistiche terrestri, ma son sicuro che si potrebbe costruire un’affascinante e interessante definizione “Scientifica” di Dio, se si accetta il fatto che ci sono circa 100 miliardi di stelle nella nostra sola galassia, che ogni stella può essere un Sole che dà vita e che esistono circa 100 miliardi di galassie nel solo universo visibile. Le qualità che potrebbero avere entità extraterrestri sviluppate fino all’incorporeità, sono molto simili a quelle che si usa attribuire a Dio. In ciò mi ha affascinato il soggetto».

«Si discuteva sui mezzi di tradurre fotograficamente una creatura extraterrestre in modo che fosse sconvolgente come lo sarebbe stata “realmente”. Presto fu chiaro che non si può immaginare l’inimmaginabile. Il massimo che si può fare è cercare di rappresentarlo in un qualche modo artistico che comunichi qualcuna delle sue qualità. Così decidemmo per il monolito nero, che ha certo in sé qualcosa dell’archetipo junghiano, ed è anche un simpatico esempio di “arte minimale”». 

APPUNTI SULLA COLONNA SONORA DI 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO 
Dal punto di vista sonoro 2001 è un film molto spoglio, sebbene la stereofonia ne metta in risalto soprattutto i passaggi musicali, sinfonici e corali. Il lavoro sulle voci è molto sottile e consiste in leggere differenze di tono, di risonanza, d’accento… 
L’incipit musicale del film, in forma di Ouverture a schermo spento, viene affidato all’enigmatico Atmosphères di G. Ligeti: si tratta di un brano del 1961 che lo stesso compositore accosta idealmente a uno specchio d’acqua. Dopo due minuti ecco che sullo spettatore si abbattono gli accenti incandescenti di Così parlò Zarathustra di R. Strauss programmaticamente allineata all’asse che congiunge Terra, Luna e Sole. Kubrick intende rappresentare simbolicamente il principio originario del creato attraverso i principi fondanti della musica tonale stessa, ovvero tonica, dominante, modo maggiore e modo minore.
Il brano musicale successivo, il Kyrie dal Requiem di Ligeti, debutta in coincidenza con la prima apparizione del monolito e ritorna in forma più estesa con la seconda entrata in scena del monolito, questa volta in un cratere della base lunare Clavius. Ma prima lo spettatore aveva ascoltato una ripresa del Così parlò Zarathustra seguita, di lì a poco, dalle sontuose movenze di Sul bel Danubio blu di J. Strauss jr.
Tutt’altro che accidentale, invece, ci sembra la ripresa di Sul bel Danubio blu ad accompagnare i titoli di coda e quindi il congedo dello spettatore dal film: dietro questa soluzione ci sembra di scorgere gli stessi provvedimenti tranquillanti a beneficio di una platea verosimilmente disorientata da prospettive immaginative così imprevedibili e enigmatiche.
Ascoltiamo Lux Aeterna di G. Ligeti mentre Floyd e i suoi assistenti sorvolano la superficie lunare. Questo breve frammento è quello cui Kubrick sembra attribuire la massima inerzia emotiva e univocità semantica. Al comparire del cantiere di scavo, il coro di voci a cappella del Lux Aeterna lascia il campo al coro virile del Requiem ligetiano, sorta di manifestazione musicale del monolito.
L’Adagio dal Gajaneh di Aram Chačaturjan si dispiega all’insegna di una precisa tripartizione sonora: suoni oggettivi, collegati a funzioni e malfunzioni delle apparecchiature di bordo; suoni soggettivi, in forma di sibilo e atti respiratori che cadenzano la soggettiva sonora di Bowman; e infine, ancora una volta, il silenzio, filo conduttore occulto del film: qui si tratta del silenzio cosmico, assoluto, inconcepibile, tanto più oppressivo in quanto Kubrick è il primo a rappresentare correttamente il vuoto spaziale come una spugna nera che inghiotte ogni rumore, ogni manifestazione acustica della vita (S. Bassetti)
 
.