CONCERTO DI NATALE

Giuseppe e i suoi fratelli
Chiesa di San Fedele Domenica 17 dicembre 2017 ore 17.00
Giacomo CARISSIMI (1605-1674)
Jephte

Luigi ROSSI (1598-1653)
Giuseppe, figlio di Giacobbe

per soli, coro e strumenti

I CIVICI CORI
, soprano
, tenore
,violini
,violoncelli
,contrabbasso
,organo
Mario Valsecchi, direttore

In collaborazione con la Fondazione Milano e la Civica Scuola di Musica C. Abbado

Il ciclo SACRO IN MUSICA verrà inaugurato con due Oratori seicenteschi nel concerto prenatalizio che San Fedele ogni anno propone durante la Novena di Natale in collaborazione con I CIVICI CORI e la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado. Nel programma, spicca la personalità musicale di Giacomo Carissimi, attivo per più di 40 anni nel Collegio Germanico a Roma, fondato dai Gesuiti. Artefice musicale della Controriforma cattolica, Carissimi confermò la centralità della fedeltà ai fondamenti tradizionali della Chiesa: alle Sacre Scritture, alla figura della Madonna e dei Santi, alla funzione di guida del magistero papale e alla forza salvifica dei Sacramenti. Carissimi è stato il punto di riferimento fondamentale nella definizione e nella evoluzione della forma musicale dell’Oratorio in lingua latina e ha avuto una grande influenza e risonanza sulla musica Europea del Seicento.
Nella prima metà del XVII secolo, quando nelle fonti documentarie ricorre il termine oratorio riferito alla musica (si va a sentir l'Oratorio) si intende genericamente la produzione musicale che accompagna gli esercizi spirituali, ma non un particolare genere musicale.
I due Oratori del concerto propongono delle storie che vengono rivissute attraverso personaggi precisi, caratterizzati -come nel melodramma- ma senza scenografie né movimenti. Le vicende hanno valore allegorico, più che precisa veridicità storica, e sempre un intento didattico-morale. L’oratorio Jephte di G. Carissimi, considerato uno dei grandi capolavori del genere, rievoca la storia del condottiero degli Israeliti che, per propiziarsi la vittoria sugli Ammoniti, fa voto di immolare in sacrificio a Dio la prima persona che gli andrà incontro dopo la vittoria. Gli si presenta la sua unica figlia e la gioia del successo si trasforma repentinamente in tragedia. Controversa è quindi la vicenda di Jephte (Giudici, XI, 29-30), più precisamente del sacrifico della figlia, destino obbligato da un terribile voto: "Si tradiderit Dominus filios Ammon in manus meas, quicumque primus de domo mea occurrerit mihi, offeram illum Domino in holocaustum". L'oratorio non è di grandi dimensioni e vede la parte strumentale relegata nel solo basso continuo. In esso si succedono, rapidamente, il voto, la battaglia, il ritorno e i canti di esultanza del popolo e della figlia, lo sgomento e la disperazione di Jephte, lo sbigottimento, l'accettazione e il lamento. Ogni passaggio, dalle introduzioni del narratore, ai soli e ai cori, è caratterizzato in senso fortemente drammatico e la psicologia di ogni personaggio trova, grazie alla musica di Carissimi, chiara e precisa espressione. 
Giuseppe, figlio di Giacobbe è una composizione meno conosciuta, scritta da Luigi Rossi. Della lunga vicenda di Giuseppe -che nella Genesi si estende dal capitolo 37 al capitolo 50- racconta solo la parte che narra dell'incontro in Egitto tra Giuseppe e i suoi fratelli. L'oratorio vede dialogare tra loro Giuseppe e, singolarmente o insieme, i suoi fratelli. Giuseppe li mette alla prova per saggiare i loro sentimenti nei confronti del vecchio padre Giacobbe e del fratellastro Beniamino, nel ricordo dell'azione malvagia perpetrata a suo danno quando venne da loro venduto per invidia e odio. La morale è ‘moderna’: non più il primordiale "occhio per occhio", ma la forza del perdono. Giuseppe prefigura, in questo modo, l'insegnamento del Cristo. Agli strumenti di basso continuo si aggiungono, nei cori e in alcuni ariosi, due violini.  Più lieve, rispetto all’oratorio di Carissimi, è l’intensità drammatica, ma la musica di Rossi, per alcuni aspetti contrappuntistici e armonici molto innovativa, riesce a rendere in modo efficace i mutamenti psicologici dei fratelli. Giuseppe li mette alla prova e, di fronte al loro offrirsi alla condanna in vece del fratello, non può che manifestarsi e concedere il perdono. L'oratorio, con la vicenda di Giuseppe, esalta la scelta del perdono come unica ed efficace forza per la pacifica convivenza. "Più che humano è se l'huomo all'huom perdona..." si canta in un coro dell'oratorio.