Sacro in Musica
Chiesa di San Fedele
Domenica 17 dicembre 2023 ore 16.30 Ingresso libero
QUADRIFONIA & MOTTETTI DI J.S. BACH
Coro da Camera di Varese
organo: Emanuele Vianelli
violoncello Elisabetta Soresina
contrabbasso Guisella Massa
direttore:Gabriele Conti
PROGRAMMA
MISTERO DELL'INCARNAZIONE
Ars Discantica
Mottetto elettronico in quadrifonia
prima esecuzione assoluta
Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 ca.-1594)
Canite tuba - Rorate coeli
mottetto
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Komm, Jesu komm! (Vieni, Gesù, vieni)
Mottetto in sol minore BWV 229 per due cori e basso continuo
Sant’Ambrogio (339-397)
Veni redemptor gentium
Inno per l’Avvento
J.S. Bach
Lobet den Herrn, alle Heiden, BWV 230
Mottetto in do maggiore per coro e basso continuo
Gregoriano
Puer natus est nobis
Antiphona ad introitum VII
J.S. Bach
Ich lasse dich nicht, du segnest mich denn (Non ti lascerò se non mi avrai benedetto, mio Gesù!)
Mottetto per doppio coro e basso continuo BWV Anh. 159
Tomás Luis de Victoria (1548-1611)
Quem vidistis pastores - Dicite quidnam vidistis
Mottetto
J.S. Bach
Singet dem Herrn ein neues Lied (Cantate al Signore un nuovo cantico!)
Mottetto in si bemolle maggiore BWV 225 per doppio coro e basso continuo
Quadrifonia elettronica e mottetti a doppio coro di Johann Sebastian Bach. Due modalità di esplorare lo spazio acustico della chiesa di San Fedele: da una parte quattro altoparlanti disposti a croce per la quadrifonia, dall’altra il doppio coro composto da trentadue solisti al centro della chiesa per intonare le opere vocali più elaborate nell’arte del contrappunto, i monumentali Mottetti di Johann Sebastian Bach, con alcuni brevi inserti tratti dai Mottetti polifonici cinquecenteschi (Palestrina e de Victoria) e dal canto monodico gregoriano.
La quadrifonia elettronica avrà un ruolo introduttivo con la proposta di un ampio Mottetto di dieci minuti realizzato da Ars Discantica di San Fedele (A. Pileggi, M. Colombo) che utilizza essenzialmente suoni di sintesi a modulazione di frequenza e suoni puri sinusoidali, un tessuto compositivo a quattro voci, una per altoparlante, con labirinti armonici e interazioni modulari con una registrazione sul campo.
Sulla scia sonora finale della quadrifonia si innesta il Mottetto per coro Canite tuba - Rorate coeli di Palestrina che introduce un percorso musicale sulla tematica dell’Incarnazione del Verbo, dalle profezie di Isaia e Gioele agli inni invocativi per la venuta del redentore (Veni redemptor), dall’annuncio della nascita del Salvatore (l’introito gregoriano Puer natus est nobis) ai mottetti di esultanza (Lobet den Herrn alle Heiden e Singet dem Herrn ein neues Lied)
Un concerto di Natale insolito con un itinerario spirituale che parte dalle profezie e dalle invocazione dell'orante, testimonianti il desiderio della venuta del Messia, per giungere alla contemplazione della venuta del Signore nel Natale. Un percorso che suscita l'esultanza a conclusione del programma con l'espressione gioiosa del popolo dei redenti che innalza un cantico nuovo per il Signore (Salmo 149).
Si inizia con la Quadrifonia elettronica, sorta di preludio a quattro voci (discantus, altus, tenor, bassus) con sonorità eteree e un processo armonico di matrice cromatica discendente, una musica che si diffonde nell'ampio spazio della Chiesa ricordando lo stupore degli angeli davanti al mistero dell'Incarnazione. Subito attacca il coro con le profezie di Gioele e Isaia contenute nel mottetto di Palestrina
Canite tuba - Rorate Coeli.
Segue lo struggente
Komm, Jesu, Komm di J.S. Bach, con il grido insistente del credente che invoca la venuta di Gesù. Grido che può essere attribuito oltre che al singolo orante in una situazione personale di oppressione anche all’umanità che aspira implicitamente alla venuta del Signore nella sua Incarnazione, oppure al popolo di Dio che esplicitamente implora la venuta gloriosa di Cristo alla fine dei tempi, come avveniva nell'invocazione liturgica dei primi cristiani Marana Tha.
Nell'inno dell'Avvento di Sant'Ambrogio
Veni redemptor gentium si delinea la supplica per la venuta del redentore delle genti, delle nazioni, di tutti i popoli, perché la salvezza è universale. All'inno latino fa eco, nel programma, il mottetto di Bach
Lobet den Herrn alle Heiden, come compimento dell'invocazione contenuta nell'inno di Ambrogio. Il testo del mottetto è il Salmo 117, il più breve del salterio che invita tutte le genti a lodare il Signore.
Con l'introito gregoriano
Puer natus est nobis si entra nel mistero dell'Incarnazione, cui segue il mottetto contemplativo e intimistico Ich lasse dich nicht, rivolto con tono affettuoso a Gesù, riprendendo la lotta di Giacobbe con il Signore (Gen,32,23-33):
Non ti lascerò se non mi avrai benedetto, mio Gesù!
Nell'ultima parte, dapprima il mottetto di De Victoria prosegue il mistero dell'Incarnazione con la scena dei pastori. E infine, a conclusione del percorso, il salmo 149 e 150 del monumentale mottetto bachiano
Singet dem Herrn ein neues Lied.
APPROFONDIMENTI
Il mottetto Rinascimentale è un genere polifonico vocale sacro. Il testo è tratto solitamente dalle Sacre Scritture. Spesso era utilizzato nel proprio della Messa, in base al testo. La scrittura del mottetto è basata sul contrappunto e sulla tecnica dell’imitazione. Di solito utilizza testi brevi: sono sufficienti quattro o cinque frasi. Spesso a ogni frase corrisponde una differente idea musicale, ossia un differente soggetto. Il doppio mottetto di Pierluigi da Palestrina (Canite tuba in Sion – Rorate coeli) per l’ultima settimana dell’Avvento, con testi brevi, riprende alcune parole-chiavi delle profezie di Gioele e Isaia riguardanti la venuta del Messia. Una musica diafana, di grande equilibrio formale ed espressivo, senza sbalzi né tinte drammatiche. Voci angeliche, in una disposizione di gioia interiore ordinano di fare suonare le trombe a Gerusalemme perché l’attesa del Salvatore si conclude: ecco, verrà a salvarci. Il Salvatore entrerà in Sion dalla strada regale, quella che è stata spianata da Dio, drizzando sentieri impervi e dirupi, in vista di una percorribilità agevole per il redentore e tutti coloro che lo seguiranno. La prima strofa del mottetto si conclude con la voce della chiesa orante che supplica con il ritornello: Vieni, Signore, e non tardare, Alleuia. L’altra strofa Rorate coeli de spuer si basa su un versetto di Isaia e un cenno al Salmo 84 e sviluppa un’altra immagine dell’attesa del Messia: la pioggia del Giusto dal cielo che farà germinare nella terra aperta ad accoglierlo il Salvatore.
Dei mottetti di Johann Sebastian Bach ne sono stati conservati otto. Queste opere raggiungono un alto grado di complessità e perfezione compositiva e sono considerate, tra le opere vocali di Bach, le più compiute e le vette della musica polifonica occidentale.
Queste opere hanno una serie di caratteristiche comuni: l'uso frequente di un doppio coro, l'assenza di un accompagnamento strumentale distinto delle voci e la scelta di testi più liberi rispetto alle cantate o passioni.
Sono stati scritti principalmente durante il suo soggiorno a Lipsia, per eventi speciali, a differenza di altre opere vocali di Bach, scritte per eventi religiosi regolari nella sua funzione di Thomaskantor a Lipsia.
Il mottetto Komm, Jesu komm (Vieni, Gesù, vieni), ad otto voci ha un testo basato su due strofe di Paul Tymich. La prima strofa è quella musicalmente più elaborata, con la scrittura accordale dell'inizio, l'intervento di un episodio più apertamente lirico e il breve fugato che riporta alla invocazione «Komm, komm», nuovamente spezzata nei due cori. La seconda strofa è invece sviluppata al modo d'un corale, indicato da Bach come aria a quattro voci.
Il mottetto “Komm, Jesu, komm” (Vieni, Gesù, vieni) è stato composto certamente per un funerale, ma se ne ignora il destinatario.
Il testo di Paul Tymisch era stato musicato già nel 1684 da Johann Schelle, predecessore di Bach a San Tommaso, in occasione della morte di Jacob Thomasius, rettore della Thomasschule; incerta è la data della rielaborazione di Johann Sebastian Bach, generalmente viene collocata intorno al 1725.
“Komm, Jesu, komm” si articola in due strofe; la prima è particolarmente elaborata ed ogni verso costituisce una frase musicale autonoma. La seconda strofa è trattata come un vero e proprio Corale a quattro voci e riprende le idee esposte e sviluppate nella prima sezione.
La musica esprime con efficacia quanto enunciato dal testo, aderendovi perfettamente.
Alla triplice invocazione iniziale, seguono espressioni di stanchezza (Mein Leib ist müde: il mio corpo è stanco), di nostalgia (Ich sehne mich, Nach deinem Friede: anelo alla tua pace). Nuovamente l’invocazione “Komm”, adesso con maggiore forza espressiva, per affermare “Du bist der rechte Weg, die Wahrheit und das Leben” (Tu sei la vera via, la verità e la vita).
Oltre all’evidente dimensione personale dell’orante che sente venir meno le forze e si affida alle mani di Cristo, si può dare a questa musica un senso più largo di invocazione dell’intera chiesa, affaticata dal travaglio delle vicende della storia, alla venuta di Cristo alla fine dei tempi.
Il Veni redemptor gentium è uno dei quattro inni autentici di Sant'Ambrogio. È sant'Agostino, probabilmente, uno dei primi a parlarne nel Sermo 372: "Della corsa di questo gigante ha detto in modo conciso e bellissimo il beato Ambrogio nell'inno che avete ora cantato. Parlando infatti di Gesù Cristo così dice: La sua uscita dal Padre, il suo ritorno al Padre, la discesa agli inferi, l'ascesa alla sede di Dio".
Di questa composizione ne parla anche Celestino I: "Ricordo che Ambrogio di beata memoria, nel giorno della natività del Signore nostro Gesù Cristo, fece cantare tutto il popolo ad una sola voce a Dio: Vieni, redentore delle nazioni".
Come tutti gli inni di Ambrogio, si tratta di una composizione in dimetri giambici.
Nel luteranesimo, l'inno venne tradotto in tedesco da Martin Lutero: Nun komm, der Heiden Heiland usando la corrispondente melodia gregoriana rielaborata in forma di corale. J. S. Bach utilizzò la melodia come cantus firmus per due omonime cantate, BWV 61 e BWV 62 oltre che per vari pezzi per organo.
Il testo di Ambrogio è di alta densità teologica e cristologica, testimonianza della stagione d’oro della conoscenza teologica dei Padri latini e greci del IV secolo. Gesù vero Dio e vero uomo, nato dal parto della vergine, il Verbo di Dio si incarna dal soffio dello Spirito, il ventre di Maria è dimora, tempio di Dio e talamo nuziale da dove esce il Forte, riecheggiando l’immagine del sole del Salmo 19, per compiere il suo cammino di salvezza come ha prestabilito il Padre da cui è venuto: è venuto da suo Padre ed è tornato a suo Padre, discese fino agli inferi e riascese alla sede di Dio.
Il primo dei Mottetti di Bach, Lobet den Herrn BWV 230, a quattro voci, è basato sul testo del Salmo 116, il più breve di tutto il Salterio: lodate il Signore tutte le genti e glorificatelo, popoli tutti, perché grande è il suo amore per noi e la sua fedeltà dura in eterno.
Il Mottetto di Bach si articola in tre parti, corrispondenti alla struttura del testo. Vige uno stile arcaico e prebarocco. Si apre con una doppia fuga su un tema molto scarno e si anima in una seconda sezione più lirica, nella quale parti omofoniche e polifoniche si succedono sino all'elaboratissima fuga che caratterizza l'Alleluja finale. L'edizione a stampa prescrive in questo caso apertamente l'uso dell'organo per la realizzazione del basso continuo.
Il fugato iniziale, concitato e di straordinario dinamismo, vuole enfatizzare l’invito del salmista a tutte le genti a lodare il Signore, attraverso la rappresentazione figurata del contrappunto, si ottiene così l’effetto del moltiplicarsi delle voci di tutti i popoli che partecipano finalmente al disegno di Dio di unire tutta l’umanità in un unico popolo e in un’unica lode a Dio.
Con l’Antifona gregoriana Puer natus est nobis, si entra veramente nel mistero dell’incarnazione, perché l’antica profezia di Isaia 9,5 trova infine il suo compimento nella mangiatoia di Betlemme: un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile..
Il "Graduale Romanum" lo colloca in apertura della messa del giorno, la terza delle tre messe di Natale.
Gli introiti dell’Avvento annunciano il “grande mistero” – come direbbe Paolo – di una salvezza per tutti i popoli e invocano la “pioggia” del Giusto e il “germoglio” del Salvatore.
Nella messa del giorno, il Figlio generato dal Padre, nuova luce che splende su di noi, prende forma nel Puer natus, dove “puer” ha un’impronta messianica e ricopre una prospettiva semantica ampia, va inteso come “servo”, chiamato a compiere il piano salvifico del Padre e sulle cui spalle – come avverte la seconda frase dello stesso introito – è stato posto tutto il potere.
Nella prima frase musicale dell’introito, le vere sottolineature sono riservate a due parole: “puer” e “datus”. L’intervallo di quinta tra le due note iniziali a valore allargato rappresenta per il canto gregoriano il massimo slancio melodico possibile fra due note consecutive. Mentre di altra natura melodica, ma di pari densità espressiva, appare la successione di tre note sull’accento di “dàtus”.
Dunque il cuore di questa prima frase è sintetizzabile nel binomio “puer datus”. Viene messa in evidenza, in sostanza, la dimensione del dono, della consegna, che l’intera umanità ha ricevuto con l’incarnazione del Figlio di Dio.
La seconda frase dell'introito – “cuius imperium super humerum eius” (il suo dominio è sulle sue spalle) – precisa il senso della prima: l’accento su “imperium” rappresenta il culmine melodico del brano e, per questo, diviene momento supremo del discorso musicale.
In risonanza alla nascita del Figlio di Dio, un mottetto per doppio coro di Bach: Ich lasse dich nicht, du segnest mich denn (Non ti lascerò se non mi avrai benedetto, mio Gesù!) in cui emerge la dimensione affettiva e di legame personale con Gesù.
Il mottetto è composto da due movimenti. Nel primo movimento si riprende Genesi 32,27 e la terza strofa dell'inno luterano "Warum betrübst du dich, mein Herz" (perché ti affliggi, cuore mio!). Giacobbe deve affrontare, nel suo ritorno da suo padre Isacco, in terra di Canaan, il fratello gemello Esaù, con il quale è un conflitto fin dal grembo materno. È un momento di grande abbattimento e angoscia in quella notte per Giacobbe che teme l’incontro del fratello con la sua truppa di 400 uomini. Proprio in quella notte incontra un personaggio misterioso che si rivela come Dio stesso, contro il quale Giacobbe combatte. L’uomo non riesce a prevalere su Giacobbe e per questo gli tocca la giuntura dell’anca slogandola, per bloccarlo. L’uomo chiede a Giacobbe di lasciarlo andare perché è spuntata l’alba, Giacobbe risponde: “non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!” (Genesi 32,26).
Il mottetto di de Victoria Quem vidistis pasatores dicite comporta una domanda rivolta ai primi testimoni della nascita del Salvatore, i pastori di Betlemme, corsi nella mangiatoia dopo l’annuncio dell’angelo di Dio: vi porto il lieto annuncio di una grande gioia: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore (Luca 2,10-11). I credenti di ogni epoca pongono la stessa domanda ai testimoni del Signore, per conoscerlo meglio e perché l’annuncio di Cristo venga rinnovato.
Al termine dell’itinerario spirituale il monumentale mottetto per doppio coro a 8 voci di J.S. Bach Singet dem Herrn ein neues Lied (Cantate al Signore un nuovo cantico!), BWV 225, composto nel 1727
Il testo è ricavato per il primo coro doppio ("Singet dem Herrn ein neues Lied") dal Salmo 149, 1-3; il corale "Wie sich ein Vater erbarmet" è di Johann Gramann (1530); l'aria "Gott, nimm dich ferner unser an!" di anonimo; l'ultimo coro proviene dal Salmo 150, 2, 6.
Per il carattere giubilante dell'opera si è pensato che il mottetto fosse stato preparato per il Capodanno del 1727. E' il mottetto più elaborato, fra quelli bachiani, in modo particolare nei due doppi cori ("Singet dem Herrn" e "Lobet der Herrn", in terza posizione), di una densa scrittura contrappuntistica. Nella parte centrale ci sono il corale (solo II coro) e l'aria (solo I coro). In conclusione i due cori ancora insieme sono protagonisti di una fuga a quattro voci, fino al coronamento dell'Alleluia.
La vasta pagina si innerva intorno al nucleo centrale, costituito da un Corale a quattro voci affidato al secondo Coro mentre il primo Coro inserisce, nelle lunghe pause fra un versetto e l'altro, delle ricche variazioni contrappuntistiche. Il Corale è preceduto da un grande coro che sfrutta abilmente e grandiosamente gli effetti di imitazione fra i due Cori, riunendo poi questi in una fuga spettacolare.
BIOGRAFIE
CORO DA CAMERA DI VARESE
Il Coro da Camera di Varese nasce nell'ambito della vita scolastica e per iniziativa di Gabriele Conti, docente di Esercitazioni Corali nella scuola, come risposta e valorizzazione del desiderio di alcuni studenti musicisti che nella disciplina hanno scoperto la bellezza del canto d'insieme e hanno voluto seguirla fino a dedicarle stabilmente tempo e cuore.
Il Coro ha collaborato con il World Chamber Choir, con le orchestre Camerata Ducale di Torino, La Divina Armonia, Nuova Cameristica di Milano, Camerata dei Laghi, con l’ensemble EcoAntica e con l’Orchestra Giovanile del Traunstein. Nel 2008 e nel 2011 ha vinto il primo premio al Concorso Corale Nazionale «Lago Maggiore» promosso dall’ACP (Associazione Cori Piemontesi). Nel 2011 ha partecipato al 28° Concorso Nazionale Polifonico “Guido d’Arezzo”, classificandosi primo assoluto e meritando il premio speciale di Fe.N.I.Ar.Co. Grande attenzione è riservata allo studio e alla valorizzazione della produzione corale contemporanea; tra queste si segnalano le prime esecuzioni assolute di opere di F. Caldini, P. Ferrario, A. Mazza, B. Furgeri, G. Mezzalira. Nel 2010, collaborando con L. Ghielmi e La Divina Armonia, il Coro ha partecipato alla prima registrazione della “Passio secundum Joannem” di F. Feo, pubblicata dalla casa editrice belga Passacaille.
Nel maggio 2016 grazie alla collaborazione con l’editore Itaca, il Coro da Camera di Varese ha pubblicato il suo primo CD intitolato “Echo”, una raccolta di composizioni sacre a cappella del XX e XXI secolo.
GABRIELE CONTI
GABRIELE CONTI
Nato a Varese, ha studiato pianoforte presso il Civico Liceo Musicale cittadino con Giuseppina Li Bassi ottenendo il Diploma nel 1982 presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, dove ha poi conseguito anche i Diplomi di “Musica Corale e Direzione di Coro” con Franco Monego e “Organo e Composizione Organistica” con Luigi Molfino. Ha partecipato a numerosi corsi di perfezionamento: per la direzione di coro con Jürgen Jürgens, Gary Graden, Tõnu Kaljuste e Daniel Reuss; per l’organo con M. Radulescu, M. Torrent Serra, H. Vogel, G. Bovet e M. Chapuis. Dal 1985 è direttore del Coro Santa Maria del Monte, con il quale ha tenuto molti concerti, in Italia e all’estero, spesso in collaborazione con gruppi orchestrali, ha partecipato e vinto concorsi e registrato tre CD.
Dal 1985 è docente di Esercitazioni Corali presso il Civico Liceo Musicale di Varese, dove nel 1996 ha fondato e dirige il Coro da Camera dell’Istituto, ora Coro da Camera di Varese, con il quale svolge attività concertistica volta soprattutto alla valorizzazione della produzione corale contemporanea. Presso la scuola, nel 2004, è stato assistente di Florian Heyerick durante il masterclass per direttori di coro; negli anni successivi ha svolto lo stesso incarico nei corsi tenuti da Kurt Suttner, Frieder Bernius, Gary Graden, Erik Van Nevel, Grete Pedersen e Johannes Prinz. Insegna direzione di coro nei corsi organizzati dall'USCI (Unione Società Corali Italiane). Ha collaborato con il Pontificio Istituto di Musica Sacra di Milano; attualmente è docente di direzione di coro presso l’Accademia “G. Marziali” di Seveso e nei corsi organizzati dalla delegazione provinciale di Varese dell'USCI.