Domenica 19/02 Salmi per C.M. Martini

Chiesa di San Fedele 19 febbraio 2017 ore 17
testo/musica
SACRO IN MUSICA

Omaggio a Carlo Maria Martini

Musiche di Josquin, Monteverdi, Carissimi, D. Scarlatti, Mendelssohn

CORO DA CAMERA DI VARESE
diretto da Gabriele Conti

In collaborazione con Fondazione Carlo Maria Martini
Con il sostegno di Fondazione Cariplo

La parte conclusiva del ricordo del cardinal Martini si svolgerà in Chiesa, domenica 19 febbraio, con due momenti. Un momento musicale pre-liturgico alle 17.00: Salmi per Carlo Maria Martini cui seguirà la Santa Messa presieduta dal Cardinale Corti.
Quindi una conclusione che conduce al centro, al tempo celebrativo, tanti di noi si ricordano della presenza straordinaria del Cardinal Martini quando celebrava e quando spiegava la Parola di Dio.
Il momento musicale delle 17.00 di domenica, vede il ritorno, dopo sei anni, nella nostra Chiesa del Coro da Camera di Varese, diretto da Gabriele Conti. Un coro di giovanissimi solisti che si è distinto negli anni passati vincendo tra l’altro il primo premio al concorso polifonico Guido d’Arezzo e partecipando a rassegne musicali prestigiose in Italia e all’estero.
Con il direttore del Coro, Gabriele Conti, per ricordare Carlo Maria Martini, abbiamo pensato a un programma costruito come una sorta di ufficio liturgico serale intrecciando parti del Vespro e parti della Compieta, l’ultimo ufficio che si canta prima della notte.
Ricordare Carlo Maria Martini attraverso la Sacra Scrittura e il canto, in continuità con l’originaria destinazione corale dei Salmi in Israele che la Chiesa, fin dalle origini ha intrapreso di proseguire.
Un momento pre-liturgico immaginato in quella modalità tanto cara al Cardinal Martini, come spesso lo affermava: riaccostare e riascoltare la Sacra Scrittura, non solo per l’abbondanza dell’uso liturgico offerto dalla Chiesa, ma anche per quella lettura corale e personale della parola che va oltre la semplice riflessione, divenendo nutrimento del cuore.
La scelta dei sei salmi (42, 90, 99, 109, 112, 147) ha tenuto conto il più possibile dei diversi generi letterari contenuti nel Salterio: la supplica, la benedizione, la lode, i salmi messianici, gli atti di fiducia. Proposta dunque di un itinerario di ascolto che rappresenta l’uomo in cammino nella sua movimentata esistenza, avendo come punto stabile di appoggio la fede in Dio.
Al vertice di questo cammino, alla fine del programma, troviamo due cantici del Nuovo Testamento, il Nunc dimittis e il Magnificat, posti, come sappiamo, a conclusione rispettivamente degli uffici della Compieta e del Vespro.
Per quanto riguarda la scelta dei compositori, abbiamo voluto soprattutto dare risalto a diversi modi di mettere in relazione il testo al canto, un po’ come una trasposizione dei diversi aspetti della preghiera con la Sacra Scrittura, di cui spesso parlava il Cardinale Martini: la lectio, la meditatio, la oratio, la contemplatio.
Un primo esempio di relazione tra musica e testo è la polifonia cinquecentesca con il canone a 24 voci reali di Josquin Qui habitat in adjutorio sul salmo 90. Opera raramente eseguita a causa delle difficoltà di esecuzione. Qui, il testo è inintelliggibile, perché ciò che conta è il valore figurativo del fitto intreccio delle voci, un alone sonoro che rinvia alla tematica del testo: l’abitare fiducioso al riparo dell’Altissimo, l’entrare nell’intimità della sua protezione, nella nube santa.
Un secondo filone è la seconda prattica di Monteverdi e Carissimi, il recitar cantando, che pur presentando qualche legame con la tradizione polifonica, nello stesso tempo rivela l’apertura a un linguaggio rinnovato nel quale l’adesione al testo assume grande rilevanza.
Un terzo aspetto lo troviamo nel Magnificat di Domenico con tutta la movimentata drammaticità del barocco napoletano.
E infine la perfetta coincidenza tra testo e musica nelle opere sacre corali di Felix Mendelssohn, un autore mosso da una sentita esigenza spirituale, alla ricerca di un linguaggio sobrio e intenso, capace di parlare al profondo sentimento religioso dell’uomo di ogni tempo.


PROGRAMMA
Josquin Després 1450ca.-1521
Qui habitat in adjutorio Altissimi 6’
Canone a 24 voci in sei cori     

Claudio Monteverdi 1567-1643
da “Messa a quattro voci et Salmi…” Venezia 1650

- Laudate pueri Dominum 5’30’’
Salmo 113, a cinque voci

- Lauda Jerusalem
Salmo 147, a cinque voci 7’

Giacomo Carissimi 1605-1674
Dixit Dominus 6’30
Salmo 109, per doppio coro e basso continuo


Felix Mendelssohn 1809-1847
Richte mich, Gott   op. 78 n. 2, 4’
Salmo 43, per coro a otto voci

Jauchzet dem Herrn 4’
Salmo 100, per coro a otto voci

Denn er hat seinen Engeln 3’20’’
Salmo 91, per coro a otto voci

Herr, nun lässest du deinen Diener 4’40’’
Nunc dimittis, per coro a quattro voci

                                                   
Domenico Scarlatti 1685-1757   
Magnificat 12’30’’
a 4 voci miste e basso continuo

APPROFONDIMENTI
Il concerto inizia con una delle prime composizioni policorali della storia, Qui habitat in adjutorio Altissimi, un canone a 24 voci in sei cori di Josquin Després, rappresenta un perfetto esempio della straordinaria padronanza tecnica acquisita da Josquin nella sua maturità musicale. Ciò che stupisce è, però, come questa evolutissima tecnica contrappuntistica rimanga sempre al servizio di un superiore senso poetico ed espressivo. Il canone riprende l’inizio del Salmo 90: Colui che abita al riparo dell’Altissimo e dimora all’ombra dell’Onnipotente. Il fitto tessuto musicale, intrecciato dalle voci, ha un valore figurativo che sottolinea il tema del testo: l’abitare fiducioso al riparo di Dio, l’entrare nell’intimità della sua protezione.
Nel 1650, sette anni dopo la morte di Monteverdi, Alessandro Vincenti, suo editore ed amico, pubblicò la raccolta “Messa a 4 voci et Salmi…” nella quale, come disse nella dedica, sono raccolte “… le reliquie dell’eccellentissimo Monteverdi, che non senza miracolo, dopo la morte di lui mi toccò pietosamente raccogliere…”. Nei trent’anni della sua attività come Maestro di Cappella della Serenissima a Venezia Monteverdi compose una grande quantità di musica, solo in parte a noi pervenuta, utilizzando con libertà e secondo necessità  stili differenti, in particolare nella composizione di musica religiosa. Nella raccolta postuma del 1650 sono confluite musiche da lui utilizzate nel servizio della Cappella Marciana che non avevano trovato posto nella più celebre collezione della “Selva Morale e Spirituale…” del 1640. I due Salmi proposti, costituiscono un brillante esempio della capacità di Monteverdi di utilizzare con grande padronanza lo stile antico, a cappella, proprio dei grandi maestri del Rinascimento, senza rinunciare ad una varietà ed una vivacità del linguaggio musicale evidentemente derivati dalla “Seconda prattica”.
Nell’ ampia e ancora poco conosciuta produzione musicale di Giacomo Carissimi la musica sacra su testo liturgico è sicuramente preceduta per consistenza ed importanza dal genere dell’ Oratorio e anche da quello delle Cantate su testo italiano. Il salmo 109 per doppio coro e basso continuo, recentemente pubblicato in prima edizione moderna, rappresenta un compiuto esempio del nuovo stile “a-cappella”, caratterizzato dalla presenza della linea del basso continuo. Come per i Salmi di Monteverdi, anche questo Dixit Dominus rivela un evidente legame con la tradizione della polifonia classica e, nello stesso tempo, l’apertura ad un linguaggio rinnovato nel quale l’adesione al testo assuma grande importanza.
Nella musica sacra di Felix Mendelssohn incontriamo un autore mosso da una sentita esigenza spirituale, alla ricerca di un linguaggio capace di parlare all’uomo con intensità drammatica, superando il formalismo che sembra prevalere nella musica liturgica ottocentesca. Se i vertici di una geniale forza di rinnovamento li incontriamo soprattutto negli Oratori, anche la produzione corale a cappella rivela, oltre ad una perfetta padronanza della polifonia classica, un serio e profondo sentimento religioso. La produzione di Mendelssohn, mossa dal desiderio di restituire centralità alla musica corale nella liturgia, è stata anche determinante per una complessiva rinascita della musica corale tedesca.
Tra il 1715 e il 1719 Domenico Scarlatti fu direttore della Cappella Giulia in Vaticano e a quel breve periodo risalgono alcune delle sue principali composizioni di musica sacra tra le quali il Magnificat, caratterizzato da numerosi passaggi contrappuntistici che lo avvicinano alla scuola napoletana facente capo a Francesco Durante, mentre l’influenza dei concerti grossi di Corelli appare abbastanza chiara nel Laetatus sum, con il “ripieno” rappresentato dal coro ed il “concertino” che in questo caso non è affidato agli strumenti, ma alle voci femminili.
La composizione è stata concepita per una esecuzione a cappella e, sebbene composto nello stile tradizionale della polifonia vocale, ci offre una particolare ricchezza armonica e una scrittura contrappuntistica tipicamente barocca. Il basso continuo è stato aggiunto da Fortunato Santini nella prima metà dell’800.
(Gabriele Conti)