Ravera Alessandra
Centro Culturale San Fedele 2010 - 2013
Alessandra Ravera (1977)
(Foto: Paride Galeone)
Dopo essersi diplomata in composizione a Roma, si è perfezionata presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia inizialmente con Azio Corghi, proseguendo poi gli studi con Ivan Fedele. L’incontro con Ivan Fedele ha influenzato il suo percorso creativo, a partire dalle riflessioni sul “tempo d’ascolto” e sulla “capacità della memoria di fissare elementi musicali” nel tempo; in questo senso si può parlare di forma musica, come di possibilità degli elementi musicali di ripetersi nel tempo, per imprimersi nella memoria di chi ascolta, trattenendone il ricordo. E’ dunque la percezione del fenomeno sonoro uno degli aspetti su cui si concentra la ricerca di Alessandra Ravera; come afferma la stessa compositrice “due principi mi sono guida: il principio di cambiamento e il ritorno invariato o leggermente modificato degli stessi elementi musicali...mantenendo costante almeno uno dei parametri musicali si offre alla memoria un appiglio per facilitare la percezione del fenomeno sonoro descritto”. L’altro aspetto del suo pensiero compositivo, sviluppato in particolare attraverso gli insegnamenti di Azio Corghi, risiede nel concetto di “drammatizzazione del gesto musicale”: l’organizzazione della forma non è quindi mai disgiunta da una dialettica di tipo quasi teatrale tra gli elementi musicali, che non è necessariamente riferita ad un testo cantato o parlato, quanto piuttosto una caratteristica intrinseca di ogni gesto strumentale. Questo teatro dei gesti produce una musica che, come spiega la stessa compositrice “è energia, colore, movimento che si poggia sul linguaggio idiomatico degli strumenti, che si realizza tramite una tecnica ma che la subordina a sé, perchè la musica è un’unione vivente di forma e contenuto”.
PRESENTAZIONE OPERA
Aperto segno
per soprano ed ensemble
Il punto di partenza su cui ho costruito il mio linguaggio musicale è l’esigenza di esprimere. Credo che l’arte sia un modo di sublimare l’esperienza umana e che l'obiettivo artistico sia rendere la musica una rappresentazione simbolica di momenti dell'esistenza. Pertanto l’aspetto essenziale delle mie scelte compositive è la percezione del fenomeno sonoro descritto.
Due principi mi sono guida: il principio di cambiamento e il ritorno invariato o leggermente modificato degli stessi elementi musicali. L’uomo in effetti ha bisogno sia di conoscere il nuovo che di ripercorrere un’esperienza già fatta, perciò credo che l’ascolto vada stimolato dal ritmo delle trasformazioni armoniche, timbriche, melodiche e ritmiche, equilibrando queste trasformazioni con il ritorno invariato degli stessi elementi affinché l’udito ricrei la forma voluta. Mantenendo costante almeno uno dei parametri musicali si offre alla memoria un appiglio per facilitare la percezione del fenomeno sonoro descritto.
Come esempio delle caratteristiche del mio linguaggio musicale ho scelto il brano "Aperto segno" per soprano ed ensemble.
Testo
Il brano è scritto sul sonetto “Tu m’hai sì piena di dolor la mente” che è un grande esempio della poesia di Guido Cavalcanti .
Guido Cavalcanti (circa 1259-1300) è insieme a Dante l'esponente più significativo dello Stil Novo. Sviluppatosi all'inizio del tredicesimo secolo, il Dolce Stil Novo è un movimento poetico italiano caratterizzato dalla ricerca di un'espressione raffinata e nobile del pensiero.
Il tema dominante del canzoniere di Cavalcanti è Amore, inteso come passione irrazionale, che allontana l'uomo dalla conoscenza e dalla felicità che deriva dall’indagine intellettuale, conducendolo a una "morte" che è a un tempo morale e fisica. Il poeta procede nei suoi testi a un'indagine sull'origine, la natura e gli effetti che la passione amorosa produce nell'uomo.
Ho scelto le ultime due terzine del sonetto, perché rappresentano il climax dell’intensità espressiva del brano, grazie all’efficace descrizione degli effetti tragici della passione amorosa, tramite l’uso di metafore e simbolismi; un linguaggio drammatico che viene però stemperato dall’uso distante dell’io poetico.
“I’vo come colui ch’è fuor di vita,
che pare, a chi lo sguarda, ch’omo sia
fatto di rame o di pietra o di legno,
che si conduca sol per maestria
e porti ne lo core una ferita
che sia, com’egli è morto, aperto segno”.
L’uomo si vede andare: è il poeta stesso che descrive il suo incedere, osservandosi da una posizione straniata rispetto al corpo. I movimenti non sono quelli di un essere vivente, ci troviamo di fronte ad un automa, che si muove in virtù di congegni meccanici. La causa di tutto ciò è Amore. L’automa è un’ allucinata oggettivazione delle conseguenze della passione amorosa, che porta nel cuore il segno evidente della causa della sua morte metaforica.
Incidenza del testo
La chiave di lettura usata per trattare il testo evidenzia un aspetto fondamentale del mio pensiero musicale: la drammatizzazione del gesto musicale. Utilizzo figure musicali che rappresentano le parole o le metafore del testo che ispira il brano in modo da creare una dialettica fra elementi sonori di tipo quasi teatrale, un’associazione e poi dissociazione di elementi, una veste timbrica, un respiro che abbia una doppia presa sulla nostra percezione e mantenga viva l’attenzione all’ascolto. Riguardo “Aperto Segno” per evidenziare le potenzialità del testo ho associato figure musicali alle parole che descrivono gli effetti della passione amorosa.
Ho voluto dare un ruolo principale all’espressione“I’vo”, perché nasconde già in se la metafora dell’automa: il poeta stesso si vede andare come una macchina priva di vita.
“I’vo” si presenta nella voce con una figura semplice, caratterizzata da un’acciaccatura accentuata in levare e la seguente nota d’arrivo tenuta (tesi – desinenza) diventa transitorio d’attacco di ogni episodio vocale, acquistando anche maggiore rilievo grazie dall’accentuazione corrispondente dell’ensemble.
L’espressione I’vo diventa figura caratterizzante il profilo della voce. La troviamo anche all’interno degli episodi associata ad altre sillabe con la funzione di transitorio d’attacco o di fine gesto corrispondente in un altro strumento. Il che genera, grazie alle piccole accentuazioni, una continua tensione di fondo ed una spinta propulsiva in avanti che accresce il dinamismo interno del brano.
Tra le figure affidate all’ensemble, la figura ritmica caratterizzata dal ribattuto rappresenta la metafora dell’incedere meccanico, teso e continuo, dell’uomo macchina.
Rame, pietra e legno sono i tre aspetti che assume l’uomo privo di vita, le tre similitudini realizzate attraverso le parole come e pare. Per questo saranno tra loro simbolicamente legate da una cellula melodica che alterna gli stessi suoni.
Ho scelto “Aperto segno” come titolo del brano, perché l’espressione è il simbolo delle conseguenze della passione amorosa, la ferita nel cuore, il chiaro segno della morte dell’uomo: arriva come espressione drammatica che chiude l’arco poetico narrativo e si riflette nella teatralità della resa musicale della sezione finale.
Ho usato quindi il testo come un pre-testo da ricomporre, evidenziando le parole più significative ad esprimerne il senso drammatico.
Nella resa sonora del testo, il senso e il suono possono essere insieme e divisi: sono divisi nelle ripetizioni della stessa parola privata di una frase e del suo significato; sono insieme nei versi particolarmente drammatici che sottolineano la morte dell’uomo, dove il profilo melodico, la tensione armonica, l’atmosfera timbrica e la relativa orditura sonora, sono tutti fattori che contribuiscono a rendere efficace il rapporto tra il suono e il significato dei versi (vedi fuor di vita, morto e aperto segno).
La contrapposizione immediata tra senso e suono prima divisi e poi uniti in due episodi contigui crea un particolare dinamismo narrativo che tiene viva l’attenzione all’ascolto. Questa tecnica è usata nella seconda sezione del brano, dove l’ironia dell’uso strumentale della voce nel gioco ritmico picchettato, in contrasto con i versi drammatici che descrivono l’uomo automa con una ferita nel cuore, è contrapposta alla solennità e parziale staticità ritmica sulle parole rame, pietra e morto, dove invece c’è un reciproco rafforzamento tra il senso delle parole e la tensione musicale corrispondente.
Conclusioni relative al testo
Credo che il duplice trattamento del testo, con la resa da una parte di solo senso musicale privato di significato letterale e dall’altra di rafforzamento reciproco tra il senso delle parole e la resa in musica, sia un fattore che accresce il movimento interno di un brano.
La voce si ritrova così ad avere una doppia funzione: quella di parte strumentale interna all’ensemble e quella di guida espressiva. Questo duplice ruolo crea un dinamismo che mira a catturare l’attenzione all’ascolto e creare un coinvolgimento emotivo – motivi per me essenziali per la scelta di questo tipo di condotta piuttosto che un’arida contrapposizione tra testo e musica o una totale simbiosi ormai altrettanto sterile.
Strumentazione e tecniche
Come ho già detto scrivo musica per lasciare un segno musicale della mia esistenza, ed è per questo che mantenere l’attenzione al fenomeno sonoro da me descritto è diventato così importante, perché ho bisogno di mettere in rapporto la mia sfera sensibile con quella degli altri attraverso la musica.
Da questa esigenza dipendono le scelte di strumentazione del brano e le tecniche usate per produrre il materiale sonoro.
La linea prevalente usata nella strumentazione è la risonanza del materiale melodico del soprano.
Lo scopo è dare spessore al profilo del soprano, per ottenere un amalgama sonoro dove l’orditura diventa struttura di risonanza delle frequenze emesse dalla voce, sia quando i suoi frammenti vengono proiettati verso l’acuto sia quando la voce domina sulle frequenze dell’ensemble.
Per avere questo effetto sono state usate nell’ensemble le seguenti tecniche: il congelamento parziale dei suoni del profilo vocale; il loro sostegno al grave e la loro proiezione all’acuto; l’imitazione dei frammenti (tecnica contrappuntistica del passato rinnovata nell’uso e nello scopo) per diminuzione, inversione, anticipazione, trasporto; ma soprattutto è utilizzata la trasformazione delle figure del profilo vocale che proliferano nell’ensemble con aggiunte, elisioni e ritmo differente, pur mantenendo l’accentuazione della figura.
La trasformazione della figura, intesa come elemento diacronico e sincronico, è la tecnica prevalentemente usata nel brano per produrre materiale.
In generale il fine della strumentazione usata è la risonanza del materiale nella sua forma diacronica e sincronica.
Questo atteggiamento infatti guida la logica della strumentazione anche negli episodi in cui il soprano è assente, dove, oltre allo sviluppo delle figure, si cerca sempre di dare un leggero riverbero nell’orditura sonora specifica .
E’ rilevante infine la presenza di brevi momenti in cui la voce canta da sola, questi momenti catturano l’attenzione, contribuiscono a creare quell’alternanza tra pieni e vuoti che incide sul movimento interno del brano, creando una tensione sonora che mantiene viva l’attenzione all’ascolto.
Il sistema di associazioni tra una figura e l’altra, crea delle aspettative nella percezione del brano, ovvero instaura un rapporto di necessità tra due elementi coordinati che vengono poi o elusi o riconfermati nel percorso formale; questo atteggiamento influisce sulla capacità di memorizzare il brano in quanto mantiene viva la percezione.
A guidare le scelte di strumentazione è anche il gusto per la modulazione timbrica – una sensibilità verso il suono che mi porta a calibrare la gestione dei timbri e dei registri scelti, nonché giustifica l’assenza o la presenza di un colore in relazione all’espressione del brano e alla drammatizzazione del suono.
Conclusioni
La scelta dei registri e la presenza degli idiomatismi usati dall’ensemble è in funzione dell’idea che guida il brano, ovvero la rappresentazione in musica del significato del testo. Il brano quindi poggia sul linguaggio idiomatico, ma non delega tutto a quello.
La musica per me è energia, colore, movimento che si poggia sul linguaggio idiomatico degli strumenti, che si realizza tramite una tecnica ma che la subordina a sé, perché la musica è un'unione vivente di forma e contenuto. Per me, semplicemente, l'arte è vita.