Sanna Michele

Centro Culturale San Fedele 2010 - 2013 
 Michele Sanna (1981)

(Foto di Paride Galeone)
Ha iniziato a studiare pianoforte per poi dedicarsi alla chitarra elettrica; la conoscenza di questo strumento è stata di particolare importanza nel suo percorso compositivo nella creazione di quella che, egli stesso definisce, “una fitta rete di relazioni creative tra le pratiche dell’improvvisazione non idiomatica e la composizione”. Ha ottenuto il Diploma Accademico di primo livello al Conservatorio di Milano e attualmente frequenta il Biennio di Specializzazione con Gabriele Manca. Si è inoltre perfezionato con Alessandro Solbiati ed è stato selezionato per il progetto “Eclettico elettrico”, grazie al quale scriverà un nuovo lavoro sotto la guida di Giovanni Verrando. L’elemento di principale interesse nella musica di Michele Sanna è il lavoro attorno al concetto di gesto strumentale, inteso come “primo luogo d’azione creativa dal quale scaturiscono gli elementi strutturali che caratterizzano i suoi lavori”. Un esempio di queste caratteristiche è rintracciabile in composizioni come “Nel regno dei legni e dei ragni”, per ensemble e chitarra elettrica concertante e “Carramatzinas” per un percussionista, in cui spiega il compositore, “l’attenzione si rivolge ad un percorso formale caratterizzato da piccole cellule in continua accumulazione dove...al classico concetto di sviluppo è preferito quello di reiterazione e variazione degli elementi”. Un secondo aspetto di particolare rilievo nella sua musica è quello relativo alle relazioni temporali in rapporto alla percezione delle durate (a quello che A. Tarkovskij definiva come “scolpire il tempo”) oltre che al rapporto con la tradizione musicale della sua terra di origine: nelle sue stesse parole “il lavoro sulla tradizione non consiste nel prendere in prestito dei materiali decontestualizzandoli, bensì di trovare negli elementi stessi della tradizione dei processi in grado di rendere fertile il terreno compositivo”.

PRESENTAZIONE OPERA
L'attività di esecutore nel mondo dell'improvvisazione ha influenzato decisamente il suo
pensiero compositivo, nella ricerca di una poetica che pone come principale centro di interesse il gesto
strumentale, inteso come primo luogo d'azione creativa dal quale scaturiscono gli elementi strtturali che
caratterizzano i suoi lavori, come ad esempio “Nel regno dei legni e dei ragni” per ensemble e chitarra elettrica
concertante e “Carramatzìnas” per un percussionista, scritti rispettivamente nel 2009 e 2010. Entrambe le
composizioni mettono in luce, seppure in maniera diversa, l'interesse per una sonorità decisa e fondata sui
contrasti; la sua attenzione si rivolge ad un percorso formale caratterizzato da piccole cellule in continua
accumulazione -dove in qualche modo al classico concetto di sviluppo è preferito quello di reiterazione e
variazione degli elementi. In numerose occasioni individua una serie di altezze e intervalli polarizzati e spesso
derivati direttamente dall'azione sugli strumenti piuttosto che da uno studio a priori dell'armonia; difatti non sono
l'evoluzione e relazione di campi armonici a indicare un percorso formale all'interno della composizione, quanto
piuttosto le relazioni temporali. Si apre una riflessione sulla percettività delle durate, che indica proporzioni e
posizionamenti degli oggetti musicali (per citare A.Tarkovskij un vero e proprio “scolpire il tempo”), i quali
devono essere chiari e definiti ed il più possibile sviscerati in tutte le loro qualità e potenzialità. Altro elemento
che mettono in luce queste composizioni è il rapporto con la tradizione, in questo caso letteraria e musicale della
terra natìa del compositore,-il quale in lavori come“Tarana” per violino e percussioni invece prende spunto dallo
studio delle tradizioni extraeuropee-, che suscita in lui da sempre grande fascino. Il lavoro sulla tradizione non
consiste nel prendere in prestito dei materiali decontestualizzandoli, bensì di trovare negli elementi stessi della
tradizione dei processi in grado di rendere fertile il terreno compositivo. Il risultato consiste in una musica nella
quale tali elementi vengono lasciati decantare come un'eco lontana, una fragranza appena avvertita, come in “Nel
regno dei legni e dei ragni”, o nel riferimento più esplicito- fin dal titolo- di “Carramatzinas” dove i campanacci
sardi dei pastori vengono utilizzati in modo del tutto non convenzionale.
Per parlare del rapporto con la contemporaneità, sul ruolo del compositore nel mondo d'oggi, per rispondere alla
difficile quanto importante domanda sul perchè del comporre ed in generale sul senso dell'arte, possiamo trarre
spunto dalle riflessioni di A. Tarkovskij il quale scrive che “l'arte si rivolge a tutti nella speranza di produrre
un'impressione, di essere, prima di tutto, sentita, di suscitare uno sconvolgimento emotivo e di essere accettata, di
soggiogare l'uomo non con qualche inconfutabile argomento razionale, bensì con quell'energia spirituale che
l'artista ripone in essa. L'arte esiste e si afferma là dove esiste quell'eterna ed insaziabile nostalgia della
spiritualità, dell'ideale, che raccoglie gli uomini attorno ad essa". In questo determinato momento storico, che ci
offre infinite possibilità di conoscenza attraverso la capillarizzazione dell'informazione e che rende possibile a
tutti gli effetti l'esistenza di una molteplicità di linguaggi, l'artista a mio avviso ha il compito di offrire
all'ascoltatore, nel modo più sincero e consapevole possibile, la sua visione metabolizzata del mondo; l'arte
prodotta, in questo caso specifico la musica, diventerà il risultato delle sue esperienze di vita; tanto esse saranno
ricche, approfondite ed eclettiche, tanto più il risultato acquisterà interesse ed originalità, e tanto più avrà quella
cifra energica, magica e personale propria dell'individuo che l'ha esperita, l'individuazione vera e propria di uno
stile. Cito a proposito il pensiero di Giovanni Verrando: “Lo stile è tanto più efficace se aderisce pienamente al
soggetto, alla sua evoluzione intellettuale”; lo stile in questo caso rappresenta la storia, la tradizione personale del
singolo individuo che la produce. Questa riflessione sgombrerebbe il campo da inutili dogmatismi - nel senso che
tutto è veramente possibile – riservando alla tecnica il ruolo di “mezzo” espressivo e non di scopo dell'arte.
Questo non significa che i suoni debbano consapevolmente raccontare o dimostrare qualcosa: l'artista non è uno
scienziato che presenta una verità fondata e dimostrata logicamente e non potrà veramente mai convincere
nessuno se le immagini create hanno lasciato indifferente colui che le percepisce. Compito del compositore non è
convincere l'ascoltatore, bensì fornire un oggetto che tenti di incarnare perfettamente il suo essere.