Candidates and Selection

Centro Culturale San Fedele 2010 - 2013 
A seguito della valutazione della Giuria sono stati selezionati i seguenti compositori in qualità di finalisti del Premio Niccolò Castiglioni:

MAURIZIO AZZAN (1987 Italia)
MANUEL CONTRERAS (1977 Cile)
TOM COULT (1988 Gran Bretagna)
YAIR KLARTAG (1985 Israele)
SAMY MOUSSA (1984 Canada)
NAOMI PINNOCK (1979 Gran Bretagna)

le loro nuove opere saranno eseguite nel concerto del 23 maggio 2012 dal Trio Magritte e Paolo Beltramini al clarinetto, nel corso del quale una Giuria proclamerà il vincitore del Premio Castiglioni

Sono stati inoltre segnalati i lavori dei seguenti compositori:

ALBERTO CARRETERO (1985 Spagna)
YIORGOS CHRISTOFI (1983 Cipro)
SEIICHI SHIMURA (1981 Italia)


Biografie personalizzate dei 17 giovani compositori del Premio Niccolò Castiglioni 2011-2012 in ordine di presentazione, a cura di Federico Gardella

7 Ottobre 2011
   
Seiichi Shimura (1981) è nato a Milano. Le sue radici e la sua formazione sono completamente europee. È stato importante per lui l’incontro con il suo insegnante, Alessandro Solbiati, in quanto lo ha avvicinato alla musica contemporanea per capirne meglio il senso e l’espressività, ma lo ha anche aiutato a riflettere sul rapporto tra suono e gesto e quindi ad elaborare una tecnica compositiva. Hanno avuto un ruolo significativo nella sua formazione anche Stefano Gervasoni che gli ha insegnato a curare il processo di tutti gli elementi musicali. E infine Beat Furrer, di cui ha seguito dei corsi da uditore, per aver sottolineato l’importanza di pensare al suono, alla sua coerenza e alla sua unità. Nel 2011, Seiichi Shimura ha vinto il premio G.A.M. – ex-aequo con Antonio Covello e Michele Sanna – con il brano Apollo e Giacinto per chitarra. Inotre, il suo pezzo per orchetsra “intermezzo” è stato eseguito in Sala Verdi a Milano nell’ambito del Festival Schumann Chopin. Ha in cantiere un brano per ensemble per il Festival Pontino del 2012. Seiichi ha anche una solida formazione scientifica, ha ottenuto una laurea specialistica in ingegneria aeronautica. Questa doppia attività scientifico-musicale gli ha permesso di riflettere sul rapporto tra creatività e tecnica, questi elementi sono entrambi importanti per la progettazione e la composizione. Attualmente insegna musica, matematica e fisica in una scuola secondaria. Questo gli permette di analizzare musiche del repertorio storico ma anche brani della nebulosa rock e pop, e d’altra parte si può rendere conto di che cosa colpisce di più le nuove generazioni nell’ascolto di un brano.

Manuel Contreras (1986) è nato a Santiago di Cile. È giunto alla composizione dagli studi di architettura che hanno influenzato il suo interesse per l’osservazione dello spazio, del disegno, dei modelli, cioé, della tridimensionalitá. I suoi studi iniziali di composizione, a Santiago, si sono svolti soprattutto come  laboratori di creazione, con un’attenzione sul suono come materia, colore, sintassi, e forma. Lo scopo era quello di apprendere un paessagio sonoro e un’alfabetizzazione acustica. Dal 2006 vive in Italia per studi di perfezionamento al Conservatorio di Milano, diplomandosi con il brano  Nyamiranwge Nubutabeka, in cui vengono inseriti elementi programmatici, extramusicale. Sono stati anni di apprentissage per il controllo del materiale musicale con l’elaborazione di processi semiautomatici di scrittura. Manuel Contreras si è anche interessato al rapporto tra spiritualità e composizione. Ha anche frequentato l’Accademia di Santa Cecilia, ricercando una via e un’espressività più personale. In pratica tentando di collegare l’intuizione, il processo tecnico e l'idea che lo ispirava. Non secondaria per Manuel Contreras è la sua provenienza extraeuropea, dicendo di essere un compositore meticcio, con le sue continue itineranze, con l’interesse per l’architettura nel senso di ascolto del luogo e di ricerca di relazioni con lo spazio fisico.  L’interesse principale della nuova tappa che il compositore cileno sta vivendo in questo momento è  (cito Contreras) “quello di creare una musica che sia quasi un luogo e come luogo deve essere vissuta e abitata”. Quest’anno Manuel Contreras è compositore residente presso la Real Academia de España. Porta avanti un progetto compositivo che studia e analizza il Pantheon, in un tentativo di collegare profondamente un pensiero spaziale-architettonico con un altro di tipo acustivo-compositivo. L’idea è di far dialogare alcuni logici di base in diverse modalità di espressione e linguaggi.

Marco Longo (1979) è nato a Trento, dove si è diplomato in pianoforte. È rimasto attivo per diversi anni nell’ambito della musica da camera e i vari incontri con altri musicisti gli hanno aperto la dimensione del comprendere e del “pensare” musica. Successivamente, si è diplomato in composizione, inizialmente con lo scopo di capire meglio il linguaggio musicale dei brani eseguiti al pianoforte. La composizione è per Marco Longo una specie di gioco, neanche troppo serio. Tra gli incontri importanti nella sua formazione ricorda Armando Franceschini, Luca Cori, il primo ad introdurlo nella complessità dei nuovi linguaggi e sui “modi di esprimersi” contemporanei. Sono state fondamentali le lezioni con Azio Corghi e Mauro Bonifacio. Con loro ha iniziato a cambiare il suo modo di vedere la composizione; cercando modalità più ricercate e mezzi più “raffinati” per esprimere le sue idee. Recentemente ha incontrato Alessandro Solbiati, Chaya Czernowin e Steven Takasugi da cui è nato un approfondimento delle conoscenze tecniche ed espressive della musica di oggi. Sono state importanti le collaborazioni con diversi interpreti, che gli hanno permesso una migliore conoscenza, epserienziale e diretta, delle potenzialità strumentali. Per concludere, la formazione strumentale e cameristica di Marco Longo ha influenzato il suo lavoro compositivo. Remane per lui fondamentale la questione del rapporto tra “nuova musica” e tradizione (rapporti che possono essere conflittuali, ironici, sarcastici, puramente referenziali) ed una particolare attenzione al “gesto strumentale”, che in molti casi rappresenta il primo seme di un’idea compositiva.

Alberto Carretero (1985) studied composition and piano at the Higher Conservatory of Music “Manuel Castillo” in Seville. In addition, he has concluded at university his Degree in Musicology and in Computer Science. During his studies, he met many important Spanish composers, of which, it is worth noting at:
•    Mauricio Sotelo for the strength and intensity of his music and the expressive use of flamenco not in a folkloric way, but as real memory architecture and a universe of sound micro-qualities.
•    José María Sánchez-Verdú was important for him in the way of working and thinking in the sound field and reflect about it formal implications.   
•    José Manuel López López for his harmonic thinking and his way of investigate on timbre at the microscopic level.
However, their advices have never intended to guide his music to their styles. Actually, they have encouraged him to get his own style and write in music his own ideas. In addition to these three composers, he has attended to several meetings and courses in Spain, France and Italy with composers such as Cristóbal Halffter, Luis de Pablo, Stefano Gervasoni, Hector Parra, Philippe Hurel, Kaija Saariaho, Salvatore Sciarrino, Ivan Fedele, Helmut Lachenmann, among others. One central element of his compositional horizon is represented by “intertextuality” and a critic review of some of the historical concepts and compositional techniques. Another important element of interest in my music is the research on natural forms. He tries to approach the nature by using the technology and the techniques of Artificial Intelligence that we have nowadays. Among his next projects, it worth mentioning a new organ work commissioned by the International Festival “Catedral de León” (Spain), a new trio with live electronics commissioned by the International Festival of Spanish Music of Cádiz (Spain) and an extended version of his piano piece “Glosa 2” for the Weill Recital Hall / Carnegie Hall (New York).

5 Novembre 2011

Alessio Rossato è nato a Venezia nel 1977. Si è diplomato in percussioni e in musica elettronica, attualmente studia composizione con Riccardo Vaglini al Conservatorio di Venezia; ha inoltre partecipato a masteclasses di composizione con Beat Furrer, Marc André, Georges Aperghis, Salvatore Sciarrino e Toshio Hosokawa; di particolare importanza per la sua formazione è stato inoltre l’incontro con Helmut Lachenmann, la cui ricerca sulla musica concreta strumentale, ha profondamente influenzato il suo percorso compositivo. La musica di Alessio Rossato è stata eseguita in diverse stagioni concertistiche, tra cui il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, la Biennale di Venezia, Rondò/Divertimento Ensemble, il Festival de Radio France et de Montpellier e il Forum Zeitgenössischer Musik Leipzig; nel 2011 l’opera Continuum-Compresso è stata selezionata al Foro De Musica Nuéva di Città del Messico. La sua musica è stata eseguita da interpreti quali la Young Janácek Philharmonic Orchestra, l’Arsenale, il quartetto Paul Klee e l’Orchestre Studio de Cergy-Pontoise. Affianca all’attività compositiva quella di interprete: è infatti percussionista dell’Arsenale, un gruppo specializzato nell’esecuzione di musica contemporanea con il quale ha eseguito numerosi lavori in prima assoluta ed è co-fondatore del M.A.S. (meccanica/azione/sonora), gruppo elettro-ascustico di ricerca nell’ambito della composizione/performance con strumenti acustici ed elettronici con il quale ha tenuto un laboratorio interattivo, finalizzato all’introduzione alla musica contemporanea, all’interno della Biennale Architettura di Venezia. E’ proprio attraverso la sua formazione strumentale che Alessio Rossato si è avvicinato alla musica contemporanea: il suo interesse nei confronti della produzione sonora ha avuto un naturale sviluppo nell’approfondimento della musica elettronica, grazie all’incontro con Alvise Vidolin. Un altro elemento di particolare interesse nella sua musica è rappresentato dall’attenzione per l’aspetto performativo che lo ha portato a riflettere sulla natura multidisciplinare delle arti; in questo senso ha svolto un ruolo importante con il gruppo Meccanica Azione Sonora, per la ricerca che svolge sui diversi aspetti dell’improvvisazione strumentale con il supporto di tecnologie digitali per il live-electronics. L’approfondimento della natura complessa della musica (dall’aspetto interpretativo-gestuale alla riflessione sulle possibilità di trasformazione del suono, dall’interazione con le altre forme artistiche alle strategie che regolano l’improvvisazione) sembra essere un aspetto determinante nel percorso musicale di Alessio Rossato, i cui molteplici interessi confluiscono nella messa a fuoco di una musica dove suono e silenzio si ricompongono in una visione teatrale dell’opera, attraverso la ricerca di immagini sonore contrastanti, che si confrontano dialetticamente su una scena immaginaria (come avviene ad esempio in Aux Arbres, un lavoro del 2011 per baritono e sei strumenti).  

Samy Moussa ha studiato composizione con Pascal Dusapin, José Evangelista, Matthias Pintscher e Magnus Lindberg. Uno dei principali tratti del suo pensiero compositivo risiede nella natura quasi sincretica della sua doppia attività di compositore e di direttore; questa constatazione è di centrale importanza per comprendere i motivi del suo interesse compositivo verso ampie formazioni orchestrali alle quali, tra il 2004 e il 2009, ha dedicato undici nuovi lavori che rappresentano il centro del suo percorso musicale; in particolare nel 2008 ha intrapreso la composizione di un ciclo di Études per orchestra il cui obiettivo è quello di esplorare, all’interno di ogni composizione, un nuovo elemento musicale, un differente universo sonoro. In questo senso le composizioni cameristiche appaiono come una sfida per superare quelli che egli stesso definisce come una serie di “costanti nel proprio linguaggio musicale”. Vi sono, in effetti, alcuni elementi che attraversano trasversalmente la musica di Samy Moussa, caratterizzandola profondamente: l’estrema chiarezza dei gesti musicali unita ad un pensiero armonico di derivazione spettrale e una ricerca timbrica volta a mettere in rilievo le zone liminali del suono; a questo occorre aggiungere una assidua ricerca di organicità tra le diverse composizioni, in modo che “ogni lavoro contenga le tracce dei precedenti”. A partire dal 2007, con Grids and Curve per viola e pianoforte, la sua musica si è progressivamente rivolta verso un universo sonoro più rarefatto. Particolarmente interessato al teatro musicale Samy Moussa ha composto, nel 2010, l’opera L’autre frère, andata in scena alla Münchener Biennale: questa esperienza gli ha permesso di confrontarsi con un lavoro di ampio respiro “incorporando una lunga e complessa linea drammaturgica in un’opera da camera con solamente due personaggi”. Dalla riflessione sul teatro musicale prenderà forma, inoltre, uno dei progetti più significativi tra quelli a cui sta attualmente lavorando: nel 2014 andrà infatti in scena, sempre alla Münchener Biennale, una nuova opera ambientata in un futuro prossimo, incentrata su problemi di natura etica.
Samy Moussa è inoltre direttore musicale dell’INDEX Ensemble München e direttore assistente di Johannes Kalitzke presso la Frankfurt Radio Orchestra e l’Ensemble Modern.

Maria Teresa Treccozzi si è diplomata in pianoforte al Conservatorio di Vibo Valentia e in composizione al Conservatorio di Como con Carlo Ballarini; attualmente frequenta il biennio di composizione al Conservatorio di Milano con Gabriele Manca e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma con Ivan Fedele. Ha inoltre frequentato masterclasses di compositori quali Hugues Dufourt, Stefano Gervasoni, Fabien Lévy e Bruno Mantovani. Il suo pensiero compositivo è stato notevolmente influenzato dall’incontro con la musica elettronica, che ha approfondito studiando al Conservatorio di Como con Giovanni Cospito e Sylviane Sapir, per quanto riguarda la ricerca sul suono applicata anche agli strumenti acustici; in particolare la sua testi sullo “Studio e sperimentazione creativa nei processi di Sound Color” le ha permesso di mettere a fuoco alcuni aspetti di una ricerca musicale in cui il colore del suono e i suoi aspetti percettivi appaiono come elementi di centrale importanza. Nelle sue stesse parole ritiene “importante modellare il suono, indagare le possibili gradazioni di colore volgendo verso fenomeni di distorsione. Comporre è ricreare il suono considerando gli aspetti della percezione, dell’ascolto e della comunicazione nello spazio e nel tempo...ricercare suoni le cui frequenze predominanti siano distorte; creare sfasature di tono, inventando un suono che è e che non è, una sorta di suono ambiguo”, ma gli interessi musicali di Maria Teresa Treccozzi la portano anche a riflettere sulla musica popolare, sulle culture musicali extra-europee e sulla musica antica, per quanto riguarda l’adozione di sistemi armonici differenti rispetto al sistema temperato. L’insieme di queste ricerche trova il suo correlato compositivo in lavori quali Trăho (per sassofono e nastro magnetico) e (In)verso (per violoncello) in cui il sistema temperato viene deformato fino a giungere ad un insieme di sistemi micro-tonali, ognuno dei quali è caratterizzato da un particolare colore, da una particolare temperatura sonora.

Luis Codera Puzo è nato a Barcellona nel 1981 ed ha iniziato gli studi musicali da autodidatta. In seguito ha studiato chitarra elettrica, pianoforte e trombone per poi dedicarsi alla composizione, studiando con Agustì Charles a Barcellona e Wolfgang Rihm a Karlsruhe; hanno inoltre contribuito alla sua formazione musicale numerosi corsi e seminari in cui ha avuto la possibilità di lavorare con compositori quali Beat Furrer, Pierluigi Billone ed Enno Poppe. Un altro elemento particolarmente importante nell’attività musicale di Luis Codera Puzo è rappresentato dal lavoro al fianco degli interpreti: questo interesse lo ha portato a fondare il CrossingLines Ensemble di Barcellona in cui intende traslare la sua concezione di musica attraverso il ruolo di direttore artistico. Come egli stesso afferma, il suo lavoro “è basato sull’idea che tutti gli elementi all’interno delle arti debbano essere connessi, il che lo porta a considerare la musica come movimento e relazione e non come la somma di entità statiche ed isolate. Nella sua visione estetica la complessità della musica risiede nella ricchezza del sistema di relazioni, opposta ad una concezione di complessità basata sull’ipertrofia degli elementi individuali”. Un esempio di queste idee è rappresentato da scratching (una composizione del 2010 per marimba e ensemble) in cui l’idea tematica principale, affidata alla marimba, appare verso la fine del lavoro ed è preceduta dai suo stessi frammenti che affiorano dal tessuto strumentale lasciandone intravedere la fisionomia; il ruolo solistico della marimba non risiede, in questo caso, nel virtuosismo quanto piuttosto nella sua funzione di proporre e sviluppare strutture e materiali musicali, che saranno poi ripresi dagli altri strumenti. L’interrelazione tra i vari elementi e tra le diverse arti è alla base anche di un altro lavoro di Luis Codera Puzo, empor (2011) per tre flauti e un oratore: si tratta di una composizione pensata in collaborazione con la scrittrice francese Irène Gayraud, in cui testo e musica sono stati creati simultaneamente in modo da pervenire ad una completa interconnessione tra le strutture di organizzazione del testo e quelle della musica. Come afferma lo stesso compositore “contrariamente all’idea che il testo debba essere programmaticamente rappresentato nella musica, empor esplora invece la relazione tra i rispettivi processi strutturali. I forti elementi organizzativi e strutturali presenti nella poesia di Irène Gayraud mostrano, attraverso l’organizzazione di elementi fonetici e semantici, di essere correlati a materiali musicali in modo da poter costituire con la musica un lavoro omogeneo”. Sia dal punto di vista strutturale che sotto l’aspetto immaginativo la musica di Luis Codera Puzo si esprime in una sinergia delle forze che la compongono, attraverso la costruzione di un universo di interazioni.

19 novembre 2011

Naomi Pinnock was born and grew up in Cleckheaton, West Yorkshire. She studied in London for five years with Harrison Birtwistle and Brian Elias; in 2003, after listening Jagden und Formen by Wolfgang Rihm played by the London Sinfonietta, she decided to go to study with him and she moved to Karlsruhe. Her other experiences with composition teachers include Brian Ferneyhough (at the Voix Nouvelles Course of Fondation Royaumont) and Beat Furrer (that was her mentor for a project with the London Sinfonietta). About her music she told that “the first piece where I sensed I was getting closer to a certain kind of honesty in my music was RE-sonare, written in the summer of 2006. Since then there has been a steady progression to ironing out and filtering out what I don’t need and only using what is absolute necessary in my music”. She has developed a fascination with language and memory, working on vocal structures in which the length of the single syllables is stretched until their meaning becomes lost (for example in Oscillare, for six singers, accordion and recorded text) or on musical gestures suddenly appearing which seemingly has no connection with what comes before and after. In this way the music lives in a subtraction of elements and the composer becames a sort of sculptor, chipping away at the music until the piece appears. Her music is also characterized by a deep clearness of the musical structures as like as by a particular attention of the nuances of the sound, for example in Words (for baritone and ensemble).

George Christofi is a Cypriot composer born in 1983; in 2001 he moved to England to further his music studies majored in classical guitar, composition, orchestration and harmony. In 2009 he completed his educational cycle obtaining a PhD in Music Composition from the University of York. His compositional output includes acoustic works for solo instruments, chamber groups and symphony orchestra; he has also collaborated with the choreographer Peter Fønss writing music for a dance project organised by the Northern School of Contemporary Dance in Leeds. He also took part in the Acanthes Composition workshop as well as in the Voix Nouvelles Fellowship of the Fondation Royaumont where he had the opportunity to study with Brian Fernyhough re-visiting the meaning of figure and gesture and their organic integration within the overall formal structure of his works. These elements are very important to understand the music by George Christofi that is in particular focalized “on the continuity of the formal structure by figural treatment. Rythmic figures when processed (multiplied, split or/and spread in layers accordingly) derive the gesture and eventually the texture”. In this way the notion of musical object becams centrale to imagine a figural substance able to be transformed by means of division or multiplication, distorsion, instrumental transition aiming at micro and macro formal continuity. This continuity in his music is made possible by a process of constant gradual transformation of timbre, through the exploration of the extended instrumental techniques, until to create an inner sound. George Christofi is also interested in computer-aided composition: in 2008 he took part in the IRCAM ACADEMY in Glasgow working with softwares that supported his recent preoccupation on approaching and choosing the harmonic material according to its colour potential.

Mehdi Khayami was born in Iran in 1980; after three months Iraq attacked Iran and specially Abadan (the city where he was born) and his family moved to Tehran, waiting for the end of the war. Eight years later, after the war, he went to visit his hometown, but everything was destroyed: this experience has given him a great motivation fo find his musical language. The reason of his musical studies was his father: he was a well known musician and was the first teacher of Mehdi; after that he studied composition with Kambiz Roshanravan, in Tehran, who motivated him to go to Europe to discover new experiences in composition. At the same time he started to learn the setam, an Iranian traditional instrument, with Behrooz Hemati. After winning two prizes for musical theatre in Iran, he came to Italy in 2006 to study composition at the Conservatory of Milan with Alessandro Solbiati, who has opened a new path in his musical life to find a new language between Persian and European music of today: the synthesis between these two worlds is, at the moment, the main interest of the musical thinking of Mehdi Khayami, that is working on quarter-tone intervals coming from Iranian traditional music, applied to contemporary music (for example on his orchestral piece Abadan, that will be played next December in Milan). This way was confirmed by Ivan Fedele studying with him at the Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Rome; Mehdi Khayami also took part in many masterclasses with composers like Heinz Holliger, José Manuel López López, Azio Corghi and Robert Pascal.

Matteo Giuliani studied composition at the Conservatory of Bologna with Chiara Benati and Cristina Landuzzi and, at the same time, he studied engineering at the Univeristy of his city. This choice expresses a particular element of his personality: the necessity to compose and, on the other side, the consciousness that without a technical knowledge it is impossible to reach an artistic freedom. In this way the acquaintance with Alessandro Solbiati (that is now his composition teacher at the Conservatory of Milan) was fundamental to focus on what, for him, is important in the music; he also took part in masterclasses of composers like Heinz Holliger and Giacomo Manzoni. Another important point in his musical development is represented by the choir: from 1996 Matteo Giuliani sings in the Coro Scaricalasino di Monghidoro that is interested on ethnomusicological research and, from 2000, he has been the conductor of the same choir. This experience allowed him to study folk traditions in music, gathering informations on the field; this aspect is also very important to understand the point of view of Matteo Giuliani about contemporary music: finding a way to express ourself through a synthesis between our traditions and “art” music, a dialectic between our roots and our future. Currently he is working on a new piece for five instruments (flute, clarinet, violin, cello and piano) in which he is trying to elaborate this kind to materials.

3 dicembre 2011

Yair Klartag è nato nel 1985 in Israele; proviene da una famiglia di scienziati ed ha, lui stesso, studiato scienze infomatiche lavorando per alcuni anni come programmatore. Questo tipo di formazione scientifica ha influenzato il suo percorso musicale in due direzioni: da una parte le strutture matematiche hanno rappresentato un impulso per alcuni suoi lavori, dall’altra la scelta di concentrarsi sull’arte è stata vissuta come una forma di resistenza ad ogni tipo di trattamento scientifico della musica. Si è inoltre diplomato in composizione all’Università di Tel Aviv dove ha studiato con Ruben Seroussi. Come egli stesso afferma “il fatto che la maggior parte della sua formazione musicale si sia svolta in Israele ha avuto un forte impatto sul suo modo di vedere la musica. Naturalmente vivere in un Paese in cui l’arte è considerata un lusso influenza il modo di intendere la relazione con il pubblico e il ruolo del compositore nella società”. Dal 2010 vive a Basilea dove si sta perfezionando con Georg Friedrich Haas; la sua ricerca in questi anni si sta sempre più concentrando sul rapporto tra i contenuti musicali e i significati che questi veicolano; nelle sue parole “una delle cose che sto cercando di realizzare nella mia musica è creare iterazioni di significati. Ciò significa provare ad esprimere musicalmente l’incapacità della musica ad esprimere cose al di fuori di se stessa”. Per esempio nel suo lavoro intitolato “But that is all misunderstanding” alcune citazioni di Ludwig Wittgenstein, relative alla questione dei significati referenziali in musica, compaiono come materiali musicali suscettibili di successive elaborazioni. Attualmente sta lavorando ad una nuova composizione per chitarra e ensemble.

Quando ha iniziato a dedicarsi alla composizione, nel 2007, Tom Coult è stato subito affascinato dalla musica di Stravinsky e di Messiaen e da quel momento ha iniziato ad interessarsi ai processi ritmici e alla sovrapposizione di ostinati di durate diverse; più recentemente ha cominciato a sviluppare questi interessi in analogia con l’ambito della fisica, in particolare in relazione alla velocità, alla non uniformità del tempo e alle orbite dei pianeti. Il concetto di velocità appare, in effetti, come un elemento centrale nella musica di Tom Coult, da una parte riferito alla possibilità di combinare velocità differenti e dall’altra nel senso di una progressiva trasformazione di una velocità iniziale (che, anche in questo caso, può essere combinata generando una sovrapposizione di accelazione e decelerazione). In seguito anche l’aspetto armonico è diventato di centrale importanza nella definizione del suo pensiero compositivo, attraverso l’analisi delle opere di Lutosławski e di Boulez. Nella musica di Tom Coult l’utilizzo di un sistema difettivo di suoni (si tratta spesso di insiemi di 4, 5 o 6 suoni o di concatenazioni di uno o due intervalli) permette di porre in relazione quasi ogni aspetto del materiale armonico attraverso la definizione di oggetti sonori fortemente caratterizzati. In questa direzione si pone anche la sua convinzione che “le figure musicali debbano possedere un’identità definita e percepibile raggiunta attraverso un controllo ritmico e intervallare” capace di metterne a fuoco i contorni. La sovrapposizione di questi elementi si configura, nella sua musica, in una stratificazione dei parametri in cui ogni oggetto sonoro mantiene riconoscibile la propria fisionomia.

Emanuele Palumbo ha iniziato ad interessarsi alla musica studiando pianoforte e coltivando, contemporaneamente, la passione per la musica rock; in seguito ha studiato composizione con Gabriele Manca, con cui attualmente frequenta il triennio di composizione al Conservatorio di Milano. Proprio l’incontro con Gabriele Manca gli ha permesso di mettere a fuoco il centro del proprio interesse musicale e ricercare gli strumenti per esternare il proprio mondo sonoro; il suo percorso compositivo si è, inoltre, arricchito attraverso l’incontro con compositori quali Luis De Pablo, Luca Francesconi, Stefano Gervasoni, Toshio Hosokawa e Alessandro Solbiati; ha inoltre frequentato un corso organizzato dall’IRCAM su Open Music. Nelle sue intenzioni, una volta terminato il triennio di composizione a Milano, si trasferirà per frequentare all’estero un biennio di specializzazione perchè, come lui stesso afferma “il percorso di formazione accademica deve darmi consapevolezza della cultura musicale nella quale ho, in parte, le radici e poi aprirsi per venire direttamente a contatto con la cultura musicale europea e globale di cui già faccio parte”. Tra i progetti futuri ai quali sta lavorando vi è un sestetto (per flauto, clarinetto, pianoforte, violino, viola e violoncello) il cui centro di interesse risiede nella riflessione su La Terra del Rimorso di Ernesto De Marino attraverso cui Emanuele Palumbo intende “instaurare un contatto con i resti di un passato arcaico e dare un’interpretazione alla parola rito”. Un altro sestetto (per 2 attori, flauto, clarinetto, clarinetto basso e pianoforte) è al centro di un progetto collettivo basato su liriche di Francesco Pennisi in cui la ricerca di Emanuele Palumbo si concentra sulla “riflessione delle qualità materiche e consonantiche del testo sugli strumenti”; questo tipo di riflessione porta a compimento un percorso iniziato nel 2010 con Faust und Margarete (per ensemble) e proseguito con Auf obere Zelt in cui le strutture verbali influenzano ed articolano i modi strumentali di produzione del suono.

Il primo punto di contatto di Rocco De Cia con la musica è stato il coro: ha fatto parte di numerosi gruppi corali avendo modo di frequentare musiche molto diverse, dal gregoriano alla polifonia rinascimentale, fino alla musica contemporanea e alle elaborazioni di musiche provenienti da tradizioni popolari. Ha frequentato l’Università di Bologna studiando musicologia, con un particolare interesse nei confronti della teoria del contrappunto rinascimentale e della storia della musica contemporanea: l’argomento della sua tesi di laurea è, infatti, la polifonia vocale di Orlando Gibbons e sta completando, presso l’Università di Udine, una tesi di dottorato sulla didattica compositiva di Franco Donatoni. Parallelamente agli studi musicologici si è diplomato in musica corale e direzione di coro al Conservatorio di Bologna, dove si sta inoltre diplomando in composizione. Ha scritto musica per strumento solo, gruppi da camera, ensemble, lavori per coro e, recentemente, ha iniziato ad interessarsi alla musica elettronica. Nelle sue stesso parole “attualmente i suoi interessi compositivi si concentrano nel cercare, all’interno di un tessuto musicale discontinuo, dei punti di attenzione: qualcosa di simile alle immagini archetipali di cui parla Werner Herzog a proposito di Cuore di vetro: una immagine (o un suono), che pure non abbiamo mai visto (o udito), ma che possiamo riconoscere poichè fa parte di uno strato inconscio della memoria dell’uomo”; la ricerca sulle strutture archetipiche prende forma, nella musica di Rocco De Cia, nell’indagine sulle quelle strutture formali capaci di mettere in rilievo questi aspetti della nostra percezione.

Maurizio Azzan è nato nel 1987 e ha iniziato a studiare composizione a 18 anni presso il Conservatorio di Torino con Gianni Possio e Giorgio Colombo Taccani proseguendo in seguito gli studi al Conservatorio di Milano con Alessandro Solbiati, con il quale attualmente frequenta il triennio di composizione. L’incontro con Alessandro Solbiati è stato di centrale importanza per l’”approfondimento dei mezzi compositivi volto a chiarificare ulteriormente il gesto sonoro nella sua pregnanza e le tecniche operative, in funzione di un maggior controllo del livello percettivo dell’esito sonoro e di una più chiara organizzazione tanto micro quanto macro formale”. Nel 2009 si è laureato in lettere classiche presso l’Università degli Studi di Torino. Ha preso parte a corsi e seminari tenuti da compositori quali Luois Andriessen e Salvatore Sciarrino, che gli hanno permesso di approfondire le problematiche relative alla psicoacustica e alla percezione del tempo nell’ascolto, oltre a concentrarsi sempre di più sulla valenza gestuale del timbro. Uno degli aspetti determinanti nel percorso compositivo di Maurizio Azzan risiede nell’interesse nei confronti del virtuosismo strumentale come punto di sintesi tra le radici dei gesti propri dei singoli strumenti e la volontà di ampliarne il vocabolario; come egli stesso afferma questo virtuosismo strumentale è “inteso come creazione di una scrittura idiomatica in grado di accogliere elementi tanto nuovi quanto storicizzati ma ricontestualizzati di volta in volta...a tutto questo si unisce una serrata strutturazione formale di forte valenza narrativa, evidenziata da netti contrasti fra sezioni contigue spesso caratterizzate da un intenso gioco di chiaroscuri interni”.